La presente traduzione in italiano del Rapporto sulla convergenza del 2020 della BCE contiene i capitoli Introduzione, Quadro di riferimento dell’analisi, Stato della convergenza economica e Sintesi per paese. Per maggiori informazioni, la pubblicazione completa in inglese è consultabile nel sito Internet della BCE.
1 Introduzione
Dal 1° gennaio 1999 l’euro è stato introdotto in diciannove Stati membri dell’Unione europea (UE). Questo rapporto prende in esame sette degli otto paesi dell’UE che non hanno ancora adottato la moneta unica. Uno degli otto paesi, la Danimarca, ha notificato al Consiglio dell’Unione europea (Consiglio dell’UE) l’intenzione di non partecipare alla Terza fase dell’Unione economica e monetaria (UEM)[1]. L’elaborazione di rapporti sulla convergenza con riferimento alla Danimarca è pertanto soggetta a richiesta da parte del paese stesso. Non essendosi realizzata tale condizione, questo rapporto prende in esame i seguenti paesi: Bulgaria, Repubblica Ceca, Croazia, Ungheria, Polonia, Romania e Svezia. In base al Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (di seguito “Trattato”)[2] ognuno di essi è tenuto ad adottare l’euro e, a tal fine, deve compiere ogni sforzo per soddisfare tutti i criteri di convergenza.
Nel predisporre questo rapporto la Banca centrale europea (BCE) assolve l’obbligo sancito all’articolo 140 del Trattato, il quale prevede che, almeno una volta ogni due anni o su richiesta di uno Stato membro con deroga, la BCE e la Commissione europea riferiscano al Consiglio dell’UE “sui progressi compiuti dagli Stati membri con deroga nell’adempimento degli obblighi relativi alla realizzazione dell’Unione economica e monetaria”. La presente analisi sui sette paesi menzionati viene effettuata nel quadro del regolare esercizio biennale. Il rapporto stilato dalla BCE e quello elaborato dalla Commissione europea sono sottoposti al Consiglio dell’UE in parallelo.
Nel presente rapporto la BCE applica il medesimo schema di valutazione dei precedenti rapporti sulla convergenza, al fine di esaminare, con riferimento ai sette paesi interessati, se sia stato conseguito un grado di convergenza elevato e sostenibile in ambito economico, se la legislazione nazionale risulti compatibile con il Trattato e con lo Statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea (di seguito “Statuto”) e se siano soddisfatti i requisiti di natura giuridica affinché le rispettive banche centrali nazionali (BCN) possano divenire parte integrante dell’Eurosistema.
La valutazione del processo di convergenza economica dipende in misura considerevole dalla qualità e dall’integrità delle statistiche su cui si fonda. La compilazione e la segnalazione dei dati, specie di quelli sui conti pubblici, non devono essere influenzate da considerazioni o interferenze politiche. Agli Stati membri dell’UE è stato chiesto di attribuire elevata priorità alla qualità e all’integrità delle loro statistiche, di predisporre un adeguato sistema di controlli incrociati in sede di compilazione e di applicare requisiti minimi di qualità. Tali requisiti sono della massima importanza per rafforzare l’indipendenza, l’integrità e la responsabilità di dar conto del proprio operato degli istituti nazionali di statistica, nonché per sostenere la fiducia nella qualità dei dati sulle finanze pubbliche (cfr. il capitolo 6).
Va inoltre ricordato che, a partire dal 4 novembre 2014[3], ogni paese soggetto ad abrogazione della deroga deve partecipare al Meccanismo di vigilanza unico (MVU) al più tardi dalla data di adozione dell’euro. Poiché a detto paese si applicano da quel momento tutti i diritti e gli obblighi connessi all’MVU, è della massima importanza che siano compiuti i preparativi necessari. In particolare, per ogni Stato membro che aderisca all’area dell’euro, e quindi all’MVU, si condurrà una valutazione approfondita del sistema bancario[4].
Il rapporto si articola nel modo seguente: il capitolo 2 descrive lo schema di valutazione adottato per l’esame della convergenza economica e legale; il capitolo 3 fornisce un’analisi orizzontale degli aspetti principali della convergenza economica; il capitolo 4 presenta una sintesi per paese corredata dei principali risultati ottenuti sulla base dell’esame della convergenza economica e legale; il capitolo 5 approfondisce l’analisi dello stato della convergenza economica in ciascuno dei sette Stati membri dell’UE in oggetto; il capitolo 6 delinea gli indicatori di convergenza e la metodologia statistica applicata per la loro costruzione; infine, il capitolo 7 verte sulla compatibilità delle legislazioni nazionali, compresi gli statuti delle banche centrali, con gli articoli 130 e 131 del Trattato.
2 Quadro di riferimento dell’analisi
2.1 Convergenza economica
La BCE valuta la convergenza economica degli Stati membri dell’UE che chiedono di adottare l’euro rifacendosi al medesimo quadro di riferimento per l’analisi. Il quadro di riferimento, attuato in maniera coerente per tutti i rapporti sulla convergenza elaborati dall’Istituto monetario europeo (IME) e dalla BCE, si basa innanzitutto sulle disposizioni del Trattato e sulla loro applicazione da parte della BCE per quanto concerne l’andamento dei prezzi, i saldi di bilancio e i rapporti fra debito pubblico e prodotto interno lordo (PIL), i tassi di cambio, i tassi di interesse a lungo termine e altri fattori rilevanti per l’integrazione e la convergenza economica. Inoltre, tiene conto di una serie di altri indicatori economici sia retrospettivi che prospettici considerati utili per un esame più approfondito della sostenibilità della convergenza. La valutazione di uno Stato membro sulla base dell’insieme di questi fattori è importante affinché la sua integrazione nell’area dell’euro proceda senza grandi difficoltà. I riquadri da 1 a 5 presentano brevemente le disposizioni giuridiche e forniscono precisazioni metodologiche sulle rispettive modalità di applicazione da parte della BCE.
Per assicurare continuità nell’analisi e condizioni di trattamento paritarie, il presente rapporto integra i principi stabiliti nelle precedenti edizioni pubblicate dalla BCE, e ancor prima dall’IME. In particolare, nell’esame dei criteri di convergenza la BCE segue alcuni principi guida. In primo luogo, i singoli criteri sono interpretati e applicati in modo rigoroso, poiché la loro funzione principale è garantire che solo gli Stati membri aventi condizioni economiche idonee al mantenimento della stabilità dei prezzi e alla coesione dell’area dell’euro possano parteciparvi. In secondo luogo, dato che i criteri di convergenza costituiscono un insieme integrato e coeso, devono essere soddisfatti nella loro totalità; il Trattato pertanto non li elenca secondo un ordine di importanza ma li pone sullo stesso piano. In terzo luogo, i criteri di convergenza devono essere osservati sulla base dei dati effettivi. In quarto luogo, la verifica dei criteri deve caratterizzarsi per coerenza, trasparenza e semplicità. Infine, nel valutare il soddisfacimento dei criteri di convergenza l’aspetto della sostenibilità riveste importanza cruciale, poiché la convergenza deve essere durevole e non riferirsi a un momento puntuale. Per questo motivo l’esame effettuato per i paesi in rassegna approfondisce gli aspetti connessi con la sostenibilità della convergenza.
Vengono pertanto analizzati retrospettivamente gli andamenti economici negli Stati membri interessati con riferimento, in linea di principio, agli ultimi dieci anni. Questo approccio aiuta a stabilire con maggior precisione quanto gli attuali risultati siano realmente frutto di aggiustamenti di natura strutturale; ciò a sua volta dovrebbe consentire una più accurata valutazione della sostenibilità della convergenza economica.
Inoltre viene condotta, nella misura opportuna, un’analisi prospettica prestando particolare attenzione al fatto che la sostenibilità di andamenti economici favorevoli si fondi sulla capacità delle politiche economiche di rispondere alle sfide presenti e future in modo adeguato e con effetti duraturi. Una forte governance, istituzioni solide e finanze pubbliche sostenibili sono altrettanto imprescindibili per favorire una crescita durevole del prodotto nel medio-lungo periodo. Nell’insieme, si rileva che per preservare nel tempo i risultati raggiunti sul piano della convergenza economica occorre conseguire una forte posizione di partenza, assicurare l’esistenza di istituzioni solide e perseguire politiche economiche adeguate dopo l’adozione dell’euro.
Il quadro di riferimento comune per l’analisi viene applicato individualmente ai sette Stati membri dell’UE in rassegna. L’esame, incentrato sui risultati ottenuti da ciascun paese, va considerato separatamente, in conformità con l’articolo 140 del Trattato.
Le statistiche contenute in questo rapporto sono aggiornate al 7 maggio 2020. I dati utilizzati per la verifica della convergenza sono stati forniti dalla Commissione europea (cfr. il capitolo 6, nonché le tavole e i grafici), con la collaborazione della BCE per quanto concerne i tassi di cambio e i tassi di interesse a lungo termine. Come concordato con la Commissione europea, il periodo di riferimento per il criterio della stabilità dei prezzi è aprile 2019 - marzo 2020, analogamente a quello per il criterio dei tassi di interesse a lungo termine, mentre il periodo di riferimento per il tasso di cambio è 1° aprile 2018 - 31 marzo 2020. I dati storici sui conti pubblici si fermano al 2019. Si considerano inoltre le previsioni di varie fonti, nonché l’ultimo programma di convergenza dello Stato membro in oggetto e altre informazioni rilevanti ai fini di una valutazione prospettica della sostenibilità della convergenza, fra cui le previsioni economiche di primavera[5] e la relazione sul meccanismo di allerta predisposte per il 2020 dalla Commissione europea e divulgate rispettivamente il 6 maggio 2020 e il 17 dicembre 2019. Il presente rapporto è stato adottato dal Consiglio generale della BCE il 4 giugno 2020.
Questo rapporto tiene conto dell’impatto della pandemia di coronavirus (COVID-19) sulla valutazione della convergenza solo in misura molto limitata. Considerato che è troppo prematuro trarre conclusioni definitive su quale sarà l’effetto sui percorsi di convergenza e sulla questione se tale effetto si concretizzerà in modo simmetrico o asimmetrico nei paesi esaminati, un’analisi dettagliata sarà condotta nell’ambito del prossimo rapporto. Tenuto conto della pandemia di COVID-19, la valutazione prospettica della convergenza è circondata da un’elevata incertezza e l’impatto potrà essere determinato appieno solo a posteriori. Gran parte degli Stati membri dell’UE ha introdotto misure di contenimento per ridurre il numero dei contagi e ha inoltre attuato appositi provvedimenti di politica fiscale, macroprudenziale, monetaria e di vigilanza per mitigare l’impatto economico. Anche in merito ai dati statistici non è possibile in questa fase cogliere a fondo le implicazioni. L’accresciuta incertezza interessa tutti i criteri di convergenza. Per quanto riguarda la stabilità dei prezzi, l’evoluzione dell’inflazione nei prossimi mesi è circondata da un elevato livello di incertezza. In particolare, la fase recessiva connessa alla pandemia di COVID-19 potrebbe protrarsi più a lungo oppure la ripresa economica potrebbe procedere a un ritmo più sostenuto rispetto alle precedenti attese. Una notevole incertezza incombe su come saranno orientati i rischi, in presenza di pressioni al ribasso sull’inflazione connesse all’indebolimento della domanda e spinte al rialzo associate a interruzioni dell’offerta. Quanto al criterio delle finanze pubbliche, la pandemia di COVID-19 esercita un impatto sulle prospettive, ma non sui principali indicatori di bilancio per il periodo 2010-2019. Riguardo alle prospettive per i conti pubblici, l’analisi della BCE si avvale soprattutto delle previsioni economiche di primavera 2020 della Commissione europea, che indicano per tutti i paesi in rassegna un brusco deterioramento del saldo di bilancio riconducibile al marcato peggioramento dell’attività economica e alle misure di finanza pubblica attuate per mitigare la crisi. Nondimeno, le possibili implicazioni della pandemia di COVID-19 per la sostenibilità a medio-lungo termine delle posizioni di bilancio, al di là dell’impatto sulle ultime previsioni, non sono considerate a causa del livello elevato di incertezza. In particolare, l’analisi della BCE si basa sul Debt Sustainability Monitor 2019 della Commissione europea, diffuso prima della pandemia di COVID-19. La volatilità dei cambi e le spinte al ribasso sui corsi delle valute nazionali rispetto all’euro sono aumentate dopo il diffondersi del COVID-19. Al fine di limitare le distorsioni nella valutazione complessiva della convergenza, il periodo di riferimento per l’andamento del tasso di cambio termina a marzo 2020. Per l’andamento dei tassi di interesse a lungo termine, il mese di aprile 2020 è stato escluso dall’analisi a causa dell’impatto della pandemia di COVID-19 sui mercati finanziari. Livelli estremi di incertezza e volatilità nei mercati finanziari possono offuscare il contenuto informativo ricavato dalla loro evoluzione e introdurre quindi potenziali distorsioni nella valutazione complessiva del processo di convergenza in ciascun paese. In conclusione, un’analisi adeguata dell’impatto economico della pandemia sulla valutazione della convergenza può essere effettuata solo in retrospettiva.
Per quanto concerne l’andamento dei prezzi, le disposizioni giuridiche e le relative modalità di applicazione da parte della BCE sono illustrate nel riquadro 1.
Riquadro 1 Andamento dei prezzi
1. Disposizioni del Trattato
L’articolo 140, paragrafo 1, primo trattino, del Trattato richiede che il rapporto sulla convergenza esamini la realizzazione di un alto grado di convergenza sostenibile con riferimento al rispetto del seguente criterio da parte di ciascuno Stato membro:
“il raggiungimento di un alto grado di stabilità dei prezzi; questo risulterà da un tasso d’inflazione prossimo a quello dei tre Stati membri, al massimo, che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi”.
L’articolo 1 del Protocollo (n. 13) sui criteri di convergenza stabilisce che:
“il criterio relativo alla stabilità dei prezzi, di cui all’articolo 140, paragrafo 1, primo trattino, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, significa che gli Stati membri hanno un andamento dei prezzi che è sostenibile ed un tasso medio d’inflazione che, osservato per un periodo di un anno anteriormente all’esame, non supera di oltre 1,5 punti percentuali quello dei tre Stati membri, al massimo, che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi. L’inflazione si misura mediante l’indice dei prezzi al consumo (IPC) calcolato su base comparabile, tenendo conto delle differenze delle definizioni nazionali.”
2. Modalità di applicazione delle disposizioni del Trattato
Nel contesto del presente rapporto la BCE applica le disposizioni del Trattato nel seguente modo.
Per quanto riguarda il “tasso medio d’inflazione [...], osservato per un periodo di un anno anteriormente all’esame”, tale indicatore è stato calcolato come variazione della media a dodici mesi dello IAPC nel periodo di riferimento aprile 2019 - marzo 2020 rispetto alla media dei dodici mesi precedenti.
Il concetto di “tre Stati membri, al massimo, che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi”, adottato per la determinazione del valore di riferimento, è stato applicato calcolando la media aritmetica semplice dei tassi di inflazione dei seguenti tre Stati membri: Portogallo (0,2 per cento), Cipro (0,4 per cento) e Italia (0,4 per cento). Aggiungendo 1,5 punti percentuali al tasso medio risulta un valore di riferimento dell’1,8 per cento. Va rammentato che in conformità del Trattato l’andamento dell’inflazione di un paese è analizzato in termini relativi, vale a dire rispetto a quello di altri Stati membri. Quindi, il criterio della stabilità dei prezzi tiene conto del fatto che gli shock comuni, derivanti ad esempio dalle quotazioni internazionali delle materie prime, possano far deviare temporaneamente i tassi di inflazione dagli obiettivi delle banche centrali.
Negli ultimi cinque rapporti è stato adottato il “metodo dei valori fuori linea” per trattare in modo adeguato potenziali distorsioni significative nell’andamento dell’inflazione dei singoli paesi. Uno Stato membro è considerato “fuori linea” se si verificano due condizioni: il tasso medio di inflazione sui dodici mesi è significativamente inferiore ai corrispondenti tassi degli altri Stati membri e la dinamica dei prezzi ha risentito fortemente di fattori eccezionali. Nell’ambito del presente rapporto nessuno degli Stati membri con i tassi di inflazione più bassi è risultato fuori linea.
L’inflazione è stata misurata sullo IAPC, costruito allo scopo di fornire una base comparabile per valutare la convergenza in termini di stabilità dei prezzi (cfr. la sezione 2 del capitolo 6).
Il tasso medio di inflazione misurato sullo IAPC nel periodo di riferimento di 12 mesi (aprile 2019 - marzo 2020) viene valutato alla luce dei risultati economici ottenuti da un paese in termini di stabilità dei prezzi negli ultimi dieci anni. Questo approccio consente un esame più approfondito della sostenibilità dell’andamento dei prezzi nel paese considerato. A tale riguardo si vaglia l’orientamento della politica monetaria – in particolare per stabilire se l’attenzione delle autorità monetarie si sia concentrata soprattutto sul conseguimento e sul mantenimento della stabilità dei prezzi – nonché il contributo fornito dalle altre aree di politica economica alla realizzazione di tale obiettivo. Si tiene conto, inoltre, di come il contesto macroeconomico abbia inciso sul raggiungimento della stabilità dei prezzi. L’evoluzione di questi ultimi è esaminata alla luce delle condizioni della domanda e dell’offerta analizzando in particolare fattori quali il costo del lavoro per unità di prodotto e i prezzi all’importazione. Infine vengono prese in considerazione le tendenze che emergono da altri importanti indicatori dei prezzi. Con riferimento alle prospettive future, vengono delineati gli andamenti attesi dell’inflazione nei prossimi anni, incluse le previsioni dei principali organismi internazionali e operatori di mercato, e sono analizzati gli aspetti istituzionali e strutturali rilevanti per il mantenimento di un contesto economico idoneo alla stabilità dei prezzi dopo l’adozione dell’euro.
Per quanto riguarda l’andamento della finanza pubblica, le disposizioni giuridiche e le relative modalità di applicazione da parte della BCE sono presentate nel riquadro 2.
Riquadro 2 Andamento della finanza pubblica
1. Disposizioni del Trattato e altre norme giuridiche
L’articolo 140, paragrafo 1, secondo trattino, del Trattato sancisce che il rapporto sulla convergenza esamini la realizzazione di un alto grado di convergenza sostenibile con riferimento al rispetto del seguente criterio da parte di ciascuno Stato membro:
“la sostenibilità della situazione della finanza pubblica; questa risulterà dal conseguimento di una situazione di bilancio pubblico non caratterizzata da un disavanzo eccessivo secondo la definizione di cui all’articolo 126, paragrafo 6”.
L’articolo 2 del Protocollo (n. 13) sui criteri di convergenza stabilisce che:
“il criterio relativo alla situazione di bilancio pubblico di cui all’articolo 140, paragrafo 1, secondo trattino, di detto Trattato, significa che, al momento dell’esame, lo Stato membro non è oggetto di una decisione del Consiglio di cui all’articolo 126, paragrafo 6, di detto Trattato, circa l’esistenza di un disavanzo eccessivo.”
L’articolo 126 definisce la procedura per i disavanzi eccessivi (PDE). Conformemente all’articolo 126, paragrafi 2 e 3, la Commissione europea redige un rapporto nel caso in cui uno Stato membro non soddisfi i criteri di disciplina fiscale, in particolare se:
- il rapporto fra il disavanzo pubblico, previsto o effettivo, e il PIL supera il valore di riferimento (fissato nel Protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi al 3 per cento), a meno che
- il rapporto non sia diminuito in modo sostanziale e continuo e abbia raggiunto un livello che si avvicina al valore di riferimento; oppure
- il superamento del valore di riferimento sia solo eccezionale e temporaneo e il rapporto resti vicino al valore di riferimento;
- il rapporto fra il debito pubblico e il PIL supera il valore di riferimento (fissato nel Protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi al 60 per cento), a meno che detto rapporto non si stia riducendo in misura sufficiente e non si avvicini al valore di riferimento con ritmo adeguato.
Inoltre, il rapporto predisposto dalla Commissione deve tenere conto dell’eventuale differenza fra il disavanzo pubblico e la spesa pubblica per investimenti e di tutti gli altri fattori rilevanti, compresa la situazione economica e di bilancio a medio termine dello Stato membro. La Commissione può inoltre elaborare un rapporto se ritiene che in un determinato Stato membro, sebbene i criteri siano rispettati, sussista il rischio di un disavanzo eccessivo. Il Comitato economico e finanziario formula un parere in merito al rapporto della Commissione. Infine, conformemente all’articolo 126, paragrafo 6, il Consiglio dell’UE, deliberando sulla base della raccomandazione della Commissione e considerate le osservazioni che lo Stato membro interessato ritenga di formulare, decide, a maggioranza qualificata escluso lo Stato membro e dopo una valutazione globale, se esista un disavanzo eccessivo.
Le disposizioni del Trattato di cui all’articolo 126 sono ulteriormente precisate nel Regolamento (CE) n. 1467/97[6] modificato dal Regolamento (UE) n. 1177/2011[7], il quale fra l’altro:
- conferma la pari importanza del criterio del debito e del criterio del disavanzo, rendendo il primo operativo e introducendo un periodo di transizione di tre anni per gli Stati membri per i quali è stata abrogata la PDE aperta prima del 2011. Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1 bis, del regolamento, qualora il rapporto tra il debito pubblico e il PIL ecceda il valore di riferimento, si considera che si stia riducendo in misura sufficiente e si avvicini al valore di riferimento con un ritmo adeguato, se il differenziale rispetto a tale valore è diminuito negli ultimi tre anni a un ritmo medio di un ventesimo all’anno come parametro di riferimento, sulla base delle variazioni registrate negli ultimi tre anni per i quali sono disponibili i dati. Del pari, il criterio del debito è considerato soddisfatto se le previsioni di bilancio della Commissione indicano che la riduzione necessaria del differenziale si produrrebbe nel triennio precisato. Nell’applicazione del relativo parametro, si tiene conto dell’influenza del ciclo economico sul ritmo di riduzione del debito;
- definisce in dettaglio i fattori rilevanti che la Commissione deve considerare nel predisporre la relazione di cui all’articolo 126, paragrafo 3, del Trattato, ma soprattutto specifica una serie di elementi ritenuti significativi nel valutare l’evoluzione della posizione economica, di bilancio e del debito pubblico a medio termine (cfr. l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento e le precisazioni sull’analisi della BCE esposta di seguito).
Inoltre, il Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell’Unione economica e monetaria (TSCG), che integra le disposizioni del Patto di stabilità e crescita rafforzato, è entrato in vigore il 1° gennaio 2013[8]. Il titolo III sul patto di bilancio enuncia, fra l’altro, una regola vincolante finalizzata ad assicurare il pareggio o l’avanzo del bilancio delle amministrazioni pubbliche. Tale regola si considera rispettata se il saldo strutturale annuo consegue l’obiettivo di medio termine specifico per il paese e non eccede un disavanzo, in termini strutturali, dello 0,5 per cento del PIL. Se il rapporto tra debito pubblico e PIL è significativamente inferiore al 60 per cento e i rischi per la sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche sono contenuti, l’obiettivo di medio periodo può essere fissato al massimo a un disavanzo strutturale dell’1 per cento del PIL. La regola sul parametro per la riduzione del debito di cui al Regolamento (UE) n. 1177/2011, recante modifica del Regolamento (CE) n. 1467/97, è contemplata nel TSCG. Gli Stati membri firmatari sono tenuti a enunciare in disposizioni di natura costituzionale o di livello superiore alla legge di bilancio annuale le regole stabilite e un meccanismo di correzione automatica in caso di deviazione dall’obiettivo di bilancio.
2. Modalità di applicazione delle disposizioni del Trattato
Ai fini dell’esame della convergenza, la BCE esprime il proprio avviso sull’andamento della finanza pubblica, di cui analizza sotto il profilo della sostenibilità i principali indicatori per il periodo 2010-2019, le prospettive e le sfide per i conti pubblici, rivolgendo particolare attenzione alle relazioni fra l’evoluzione del disavanzo e quella del debito pubblico. In merito all’impatto della pandemia di COVID-19 sulle finanze pubbliche, la BCE fa riferimento alla clausola di salvaguardia generale del Patto di stabilità e crescita attivata il 20 marzo 2020. Il particolare, riguardo al meccanismo preventivo del patto, l’articolo 5, paragrafo 1, e l’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (CE) n. 1466/97[9] recitano che “in caso di grave recessione economica della zona euro o dell’intera Unione, gli Stati membri possono essere autorizzati ad allontanarsi temporaneamente dal percorso di aggiustamento all’obiettivo di bilancio a medio termine [...], a condizione che la sostenibilità di bilancio a medio termine non ne risulti compromessa”. Quanto al meccanismo correttivo del patto, l’articolo 3, paragrafo 5, e l’articolo 5, paragrafo 2, del Regolamento (CE) n. 1467/97 sanciscono che “anche in caso di grave recessione economica della zona euro o dell’intera Unione il Consiglio può decidere, su raccomandazione della Commissione, di adottare una raccomandazione rivista ai sensi dell’articolo 126, paragrafo 7, TFUE, a condizione che la sostenibilità di bilancio a medio termine non ne risulti compromessa”. La BCE presenta anche un’analisi riguardante l’efficacia dei quadri di bilancio nazionali, di cui all’articolo 2, paragrafo 3, lettera b), del Regolamento (CE) n. 1467/97, nonché alla Direttiva 2011/85/UE[10]. Con riferimento all’articolo 126 la BCE, a differenza della Commissione, non riveste alcun ruolo formale nell’ambito della PDE. Il suo rapporto si limita pertanto a indicare se nei confronti di un paese sia stata avviata tale procedura.
Per quanto riguarda la disposizione del Trattato relativa a un rapporto fra debito pubblico e PIL superiore al 60 per cento che si stia riducendo in misura sufficiente e si avvicini al valore di riferimento con ritmo adeguato, la BCE analizza gli andamenti passati e le tendenze future del rapporto debito/PIL. Per gli Stati membri in cui questo indicatore supera il valore di riferimento, la BCE fornisce l’ultima valutazione della Commissione europea sulla conformità al parametro per la riduzione del debito stabilito nell’articolo 2, paragrafo 1 bis, del Regolamento (CE) n. 1467/97.
L’esame dell’andamento della finanza pubblica si avvale di dati compilati sulla base dei conti economici nazionali, conformemente al Sistema europeo dei conti 2010 (SEC 2010) (cfr. il capitolo 6). I dati presentati in questo rapporto sono stati forniti per la maggior parte dalla Commissione nell’aprile 2020 e includono quelli sui conti pubblici per il periodo 2010-2019, nonché le previsioni da essa formulate per il 2020-2021.
Per quanto concerne la sostenibilità delle finanze pubbliche, i risultati conseguiti nel 2019, anno di riferimento, sono valutati alla luce degli andamenti registrati dal paese considerato negli ultimi dieci anni. Innanzitutto viene esaminata l’evoluzione del rapporto fra il disavanzo pubblico e il PIL. Giova ricordare che sull’andamento del rapporto disavanzo/PIL annuo di un paese influiscono tipicamente vari fattori sottostanti, suddivisibili in “effetti ciclici”, che riflettono la reazione del deficit alle variazioni del ciclo economico, ed “effetti non ciclici”, spesso ricondotti ad aggiustamenti strutturali o permanenti delle politiche di bilancio. Tuttavia i secondi, così come quantificati nel presente rapporto, non sono necessariamente ascrivibili del tutto alle variazioni strutturali della situazione di finanza pubblica, in quanto includono effetti temporanei sul bilancio derivanti sia da provvedimenti di politica economica sia da fattori straordinari. Di fatto, data l’incertezza circa il livello e il tasso di crescita del prodotto potenziale, risulta particolarmente difficile valutare come le posizioni di bilancio strutturali siano cambiate durante la pandemia di COVID-19.
Vengono poi esaminati sia l’evoluzione del rapporto fra debito pubblico e PIL nell’arco di tale periodo, sia i fattori ad essa sottesi, ossia la differenza tra la crescita nominale del PIL e i tassi di interesse, il saldo primario e il raccordo disavanzo-debito. Questa prospettiva può fornire ulteriori informazioni su quanto il contesto macroeconomico, in particolare l’effetto congiunto di crescita e tassi di interesse, abbia inciso sulla dinamica del debito. Può altresì offrire maggiori indicazioni sul contributo del saldo strutturale e sugli andamenti ciclici, rispecchiati dal saldo primario, nonché sul ruolo svolto da determinati fattori sottostanti al raccordo disavanzo-debito. Si effettua inoltre un’analisi della struttura del debito pubblico, incentrata in particolare sul livello e sull’evoluzione della quota di debito a breve termine e di quella denominata in valuta estera. Raffrontando tali quote con il livello corrente del rapporto debito/PIL è possibile evidenziare la sensibilità dei saldi di bilancio alle variazioni dei tassi di cambio e di interesse.
Con riferimento alle prospettive future, vengono considerati i piani di bilancio nazionali e le recenti previsioni della Commissione europea per il 2020-2021, come pure le strategie di finanza pubblica di medio periodo, che emergono dai programmi di convergenza. L’esame comprende una valutazione del previsto raggiungimento dell’obiettivo di bilancio a medio termine del paese, come prescritto dal Patto di stabilità e crescita, nonché delle prospettive per l’evoluzione del rapporto debito/PIL sulla base delle attuali politiche fiscali. Tenuto conto della pandemia di COVID-19, è stata attivata la clausola di salvaguardia generale, che consente scostamenti dall’obiettivo di bilancio a medio termine, come illustrato nel riquadro 2. Vengono altresì messe in luce le sfide di lungo periodo per la sostenibilità delle posizioni di bilancio e per le grandi aree che necessitano di un’azione di risanamento, con particolare attenzione alle sfide connesse sia alla presenza di sistemi pensionistici pubblici a ripartizione in un contesto demografico in trasformazione, sia alle passività potenziali assunte dalle amministrazioni pubbliche. Le possibili implicazioni della pandemia di COVID-19 per la sostenibilità a medio-lungo termine delle posizioni di bilancio, al di là dell’impatto sulle ultime previsioni, non sono considerate a causa del livello elevato di incertezza. In linea con la prassi adottata in passato, l’analisi contempla inoltre gran parte dei fattori rilevanti di cui all’articolo 2, paragrafo 3, del Regolamento (CE) n. 1467/97 (cfr. il riquadro 2).
Per quanto attiene all’andamento del cambio, le disposizioni giuridiche e le relative modalità di applicazione da parte della BCE sono esposte nel riquadro 3.
Riquadro 3 Andamento del tasso di cambio
1. Disposizioni del Trattato
L’articolo 140, paragrafo 1, terzo trattino, del Trattato prescrive che il rapporto sulla convergenza esamini la realizzazione di un alto grado di convergenza sostenibile con riferimento al rispetto del seguente criterio da parte di ciascuno Stato membro:
“il rispetto dei margini normali di fluttuazione previsti dal meccanismo di cambio del Sistema monetario europeo per almeno due anni, senza svalutazioni nei confronti dell’euro”.
L’articolo 3 del Protocollo (n. 13) sui criteri di convergenza stabilisce che:
“il criterio relativo alla partecipazione al meccanismo di cambio del Sistema monetario europeo di cui all’articolo 140, paragrafo 1, terzo trattino, di detto Trattato, significa che lo Stato membro ha rispettato i normali margini di fluttuazione stabiliti dal meccanismo di cambio del Sistema monetario europeo senza gravi tensioni per almeno due anni prima dell’esame. In particolare, e, per lo stesso periodo, non deve aver svalutato di propria iniziativa il tasso di cambio centrale bilaterale della sua moneta nei confronti dell’euro.”
2. Modalità di applicazione delle disposizioni del Trattato
Per quanto concerne la stabilità del cambio, la BCE verifica se il paese analizzato abbia aderito ai nuovi Accordi europei di cambio (AEC II), che hanno sostituito il meccanismo di cambio dello SME nel gennaio 1999, per un periodo di almeno due anni prima dell’esame della convergenza senza registrare gravi tensioni, in particolare senza svalutazioni nei confronti dell’euro. Nel caso di una partecipazione più breve, l’andamento del tasso di cambio è considerato su un periodo di riferimento di due anni.
Nel valutare la stabilità del tasso di cambio rispetto all’euro si attribuisce particolare importanza al fatto che questo sia rimasto prossimo alla parità centrale degli AEC II; tuttavia, in linea con l’approccio adottato in passato, si tiene anche conto dei fattori che potrebbero averne determinato un apprezzamento. A tale riguardo, l’ampiezza della banda di oscillazione negli AEC II non pregiudica l’esame del criterio relativo alla stabilità del cambio.
Inoltre, l’assenza di “gravi tensioni” viene generalmente appurata considerando: 1) l’entità della deviazione del tasso di cambio dalla parità centrale degli AEC II; 2) alcuni indicatori quali la volatilità del tasso di cambio nei confronti dell’euro e la sua tendenza, nonché il differenziale di interesse a breve termine rispetto all’area dell’euro e la sua evoluzione; 3) il ruolo svolto dagli interventi sui mercati valutari; 4) l’incidenza dei programmi di assistenza finanziaria internazionale sulla stabilizzazione della moneta.
Il periodo di riferimento considerato nel presente rapporto va dal 1° aprile 2018 al 31 marzo 2020. Tutti i tassi di cambio bilaterali utilizzati sono tassi ufficiali della BCE (cfr. il capitolo 6).
Oltre ad analizzare la partecipazione agli AEC II e l’andamento del tasso di cambio nominale nei confronti dell’euro nel periodo in rassegna, ci si sofferma brevemente sulla sostenibilità del livello corrente del cambio. Questa viene desunta valutando l’evoluzione dei tassi di cambio effettivi reali, nonché i saldi di conto corrente, conto capitale e conto finanziario della bilancia dei pagamenti. Sono altresì considerate la dinamica del debito estero lordo e la posizione patrimoniale netta verso l’estero su periodi più lunghi. La sezione sull’andamento del tasso di cambio contempla inoltre alcuni indicatori del grado di integrazione del paese con l’area dell’euro in termini finanziari e di commercio con l’estero (esportazioni e importazioni). Qualora pertinente, viene infine precisato se il paese in rassegna abbia beneficiato nel periodo di riferimento di due anni dell’erogazione di liquidità da parte di una banca centrale o di sostegno alla bilancia dei pagamenti, su base bilaterale o multilaterale, con la partecipazione del Fondo monetario internazionale (FMI) e/o dell’UE, tenendo conto dell’assistenza effettivamente ricevuta, ma anche di quella disponibile a titolo precauzionale, compreso ad esempio l’accesso ai finanziamenti dell’FMI nell’ambito della Flexible Credit Line.
Per quanto concerne l’andamento dei tassi di interesse a lungo termine, le disposizioni giuridiche e le relative modalità di applicazione da parte della BCE sono delineate nel riquadro 4.
Riquadro 4 Andamento dei tassi di interesse a lungo termine
1. Disposizioni del Trattato
L’articolo 140, paragrafo 1, quarto trattino, del Trattato prevede che il rapporto sulla convergenza esamini la realizzazione di un alto grado di convergenza sostenibile con riferimento al rispetto del seguente criterio da parte di ciascuno Stato membro:
“i livelli dei tassi di interesse a lungo termine che riflettano la stabilità della convergenza raggiunta dallo Stato membro con deroga e della sua partecipazione al meccanismo di cambio.”
L’articolo 4 del Protocollo (n. 13) sui criteri di convergenza stabilisce che:
“il criterio relativo alla convergenza dei tassi d’interesse di cui all’articolo 140, paragrafo 1, quarto trattino, di detto Trattato, significa che il tasso d’interesse nominale a lungo termine di uno Stato membro osservato in media nell’arco di un anno prima dell’esame non ha ecceduto di oltre 2 punti percentuali quello dei tre Stati membri, al massimo, che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi. I tassi di interesse si misurano sulla base delle obbligazioni a lungo termine emesse dallo Stato o sulla base di titoli analoghi, tenendo conto delle differenze nelle definizioni nazionali.”
2. Modalità di applicazione delle disposizioni del Trattato
Nel contesto del presente rapporto la BCE applica le disposizioni del Trattato nel seguente modo.
Per quanto riguarda “il tasso d’interesse nominale a lungo termine” osservato “in media nell’arco di un anno prima dell’esame”, questo indicatore è stato calcolato come la media aritmetica degli ultimi 12 mesi per i quali sono disponibili i dati relativi allo IAPC. Il periodo di riferimento considerato in questo rapporto è aprile 2019 - marzo 2020, in linea con il periodo di riferimento per il criterio della stabilità dei prezzi.
Il concetto di “tre Stati membri, al massimo, che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi”, adottato per la determinazione del valore di riferimento, è stato applicato calcolando la media aritmetica semplice dei tassi di interesse a lungo termine degli stessi tre Stati membri considerati nel calcolo del valore di riferimento per la stabilità dei prezzi (cfr. il riquadro 1). Nell’orizzonte temporale assunto ai fini del presente rapporto i tassi di interesse a lungo termine dei tre paesi con i tassi di inflazione più bassi considerati nel calcolo del valore di riferimento per il criterio della stabilità dei prezzi sono lo 0,5 per cento (Portogallo), lo 0,8 per cento (Cipro) e l’1,6 per cento (Italia), da cui risulta un tasso medio dello 0,9 per cento che, con l’aggiunta di 2 punti percentuali, dà un valore di riferimento del 2,9 per cento. I tassi di interesse a lungo termine sono stati misurati utilizzando, ove disponibili, le relative statistiche armonizzate elaborate per l’esame della convergenza (cfr. il capitolo 6).
Come menzionato in precedenza, il Trattato richiama esplicitamente la “stabilità della convergenza” che si riflette nel livello dei tassi di interesse a lungo termine. Pertanto, gli andamenti nel periodo di riferimento (aprile 2019 - marzo 2020) sono considerati alla luce sia dell’evoluzione dei tassi di interesse a lungo termine negli ultimi dieci anni, o nel periodo per il quale sono disponibili i dati, sia dei principali fattori sottostanti ai differenziali fra quei tassi e il tasso medio corrispondente dell’area dell’euro. Nell’arco di tempo considerato la media dei tassi di interesse a lungo termine dell’area potrebbe avere in parte riflesso premi per il rischio elevati specifici di diversi paesi membri. Pertanto, a fini di raffronto è stato utilizzato anche il rendimento dei titoli di Stato a lungo termine dell’area con rating AAA (ossia il tasso a lungo termine desunto dalla curva dei rendimenti dei titoli di Stato dell’area con rating AAA). Nell’ambito di questa analisi il rapporto fornisce anche informazioni sulla dimensione e sull’evoluzione del mercato finanziario basate su tre diversi indicatori che insieme forniscono una misura della sua entità, ossia le consistenze dei titoli di debito emessi dalle società non finanziarie, la capitalizzazione del mercato azionario e il credito erogato dalle istituzioni finanziarie monetarie (IFM) al settore privato interno non finanziario.
Infine, l’articolo 140, paragrafo 1, del Trattato prevede che il rapporto sulla convergenza tenga conto di una serie di altri fattori rilevanti (cfr. il riquadro 5). A tale riguardo, il quadro per la governance economica rafforzata vigente dal 13 dicembre 2011, in conformità dell’articolo 121, paragrafo 6, del Trattato, è inteso a garantire un coordinamento più stretto delle politiche economiche e una convergenza duratura dei risultati economici degli Stati membri dell’UE. Il riquadro 5 presenta brevemente tali disposizioni giuridiche e l’approccio seguito dalla BCE nel vagliare gli altri fattori rilevanti ai fini della valutazione della convergenza.
Riquadro 5 Altri fattori rilevanti
1. Disposizioni del Trattato e altre norme giuridiche
In base all’articolo 140, paragrafo 1, del Trattato “le relazioni della Commissione e della Banca centrale europea tengono inoltre conto dei risultati dell’integrazione dei mercati, della situazione e dell’evoluzione delle partite correnti delle bilance dei pagamenti, di un esame dell’evoluzione dei costi unitari del lavoro e di altri indici di prezzo.”
In tale contesto la BCE prende in considerazione il pacchetto legislativo sulla governance economica nell’UE entrato in vigore il 13 dicembre 2011. Sulla scorta delle disposizioni del Trattato enunciate all’articolo 121, paragrafo 6, il Parlamento europeo e il Consiglio dell’UE hanno adottato le modalità della procedura di sorveglianza multilaterale di cui all’articolo 121, paragrafi 3 e 4, del Trattato. Queste regole sono state stabilite “al fine di garantire un più stretto coordinamento delle politiche economiche e una convergenza duratura dei risultati economici degli Stati membri” (articolo 121, paragrafo 3), tenuto conto che “è necessario trarre insegnamenti dall’esperienza acquisita nel corso dei primi dieci anni di funzionamento dell’Unione economica e monetaria e, in particolare, c’è bisogno di una governance economica rafforzata nell’Unione sulla base di una più forte titolarità nazionale”[11]. Il pacchetto legislativo contempla un quadro di sorveglianza rafforzata (procedura per gli squilibri macroeconomici, PSM) inteso a prevenire squilibri macroeconomici e macrofinanziari eccessivi assistendo gli Stati membri dell’UE che presentano divergenze dai parametri nel definire piani di correzione, prima che tali divergenze possano radicarsi. La PSM, dotata di meccanismi di prevenzione e correzione, si applica a tutti gli Stati membri dell’UE ad eccezione di quelli che, beneficiando di un programma di assistenza finanziaria internazionale, sono già soggetti a un esame più attento e al rispetto di determinate condizioni. La procedura prevede un meccanismo di allerta per la rapida individuazione degli squilibri che si basa su un quadro di valutazione trasparente degli indicatori, con soglie di allerta, per tutti gli Stati membri dell’UE. La valutazione è integrata da un’analisi economica che dovrebbe tenere conto, fra l’altro, della convergenza nominale e reale all’interno e all’esterno dell’area dell’euro[12]. Nell’esaminare gli squilibri macroeconomici, la PSM dovrebbe considerare la loro gravità e le loro potenziali conseguenze negative, sul piano economico e finanziario, che accrescono la vulnerabilità dell’economia dell’UE e costituiscono una minaccia per il buon funzionamento dell’Unione economica e monetaria[13].
2. Modalità di applicazione delle disposizioni del Trattato
In linea con la prassi adottata in passato, gli altri fattori di cui all’articolo 140, paragrafo 1, del Trattato sono esaminati nel capitolo 5, in relazione ai singoli criteri di convergenza illustrati nei riquadri da 1 a 4. Per completezza, il capitolo 3 presenta gli indicatori del quadro di valutazione per i paesi in rassegna (anche in relazione alle soglie di allerta), in modo da fornire tutte le informazioni disponibili rilevanti al fine di individuare gli squilibri macroeconomici e macrofinanziari suscettibili di ostacolare il raggiungimento di un elevato grado di convergenza sostenibile, come stabilito dall’articolo 140, paragrafo 1, del Trattato. In particolare, per quanto riguarda gli Stati membri dell’UE con deroga oggetto di una procedura per i disavanzi eccessivi, difficilmente si potrà ritenere che abbiano conseguito un alto grado di convergenza sostenibile come enunciato nell’articolo 140, paragrafo 1, del Trattato.
2.2 Compatibilità della normativa nazionale con i trattati
2.2.1 Introduzione
L’articolo 140, paragrafo 1, del Trattato prevede che, almeno una volta ogni due anni o su richiesta di uno Stato membro con deroga, la BCE (e la Commissione europea) riferisca al Consiglio sui progressi compiuti dagli Stati membri con deroga nell’adempimento degli obblighi relativi alla realizzazione dell’Unione economica e monetaria. Questi rapporti devono comprendere un esame della compatibilità tra la normativa nazionale di ciascuno Stato membro con deroga, incluso lo statuto della sua BCN, e gli articoli 130 e 131 del Trattato e i pertinenti articoli dello Statuto. L’obbligo di compatibilità imposto dal Trattato agli Stati membri con deroga viene anche definito “convergenza legale”.
Nel verificare la convergenza legale, la BCE non si limita a una verifica formale della lettera della normativa nazionale, ma può anche valutare se l’attuazione delle disposizioni pertinenti è conforme allo spirito dei trattati e dello Statuto. La BCE è particolarmente preoccupata di eventuali segni di pressione sugli organi decisionali delle BCN degli Stati membri, che sarebbero contrari allo spirito del Trattato con riguardo all’indipendenza della banca centrale. La BCE ravvisa altresì la necessità che gli organi decisionali delle BCN operino in maniera regolare e continuativa. A tale proposito, in particolare, quando la carica di membro di un organo decisionale di una BCN divenga vacante, le autorità competenti degli Stati membri devono adottare le misure necessarie a garantire la tempestiva nomina del successore[14]. La BCE monitorerà da vicino ogni sviluppo prima di effettuare una valutazione definitiva positiva concludendo che la legislazione è compatibile con il Trattato e con lo Statuto.
Stati membri con deroga e convergenza legale
Bulgaria, Repubblica Ceca, Croazia, Ungheria, Polonia, Romania e Svezia, la cui normativa nazionale è presa in esame nel presente rapporto, hanno lo status di Stati membri con deroga, ossia non hanno ancora adottato l’euro. Alla Svezia è stato conferito lo status di Stato membro con deroga con una decisione del Consiglio UE del maggio 1998[15]. Per quanto concerne gli altri Stati membri, gli articoli 4[16] e 5[17] degli atti relativi alle condizioni di adesione dispongono che ciascun nuovo Stato membro partecipi all’Unione economica e monetaria a decorrere dalla data di adesione quale Stato membro con deroga ai sensi dell’articolo 139 del Trattato.
Il presente rapporto non prende in esame la posizione della Danimarca che gode di uno status speciale e non ha ancora adottato l’euro. Il Protocollo (n. 16) su talune disposizioni relative alla Danimarca, allegato ai trattati, prevede che, alla luce della notifica da parte del governo danese al Consiglio del 3 novembre 1993, la Danimarca goda di un’esenzione e che la procedura per l’abrogazione della deroga sia avviata solo dietro sua richiesta. Poiché l’articolo 130 del Trattato si applica alla Danimarca, la Danmarks Nationalbank è tenuta ad adempiere agli obblighi relativi all’indipendenza della banca centrale. Il rapporto sulla convergenza dell’IME del 1998 concludeva che tale requisito era soddisfatto. In considerazione dello status speciale della Danimarca, dal 1998 non è stata effettuata alcuna ulteriore valutazione relativa alla convergenza di questo Stato. Fino al momento in cui la Danimarca non informi il Consiglio dell’UE di volere adottare l’euro, la Danmarks Nationalbank non è tenuta a integrarsi sotto il profilo legale all’Eurosistema e nessuna normativa danese necessita di essere adeguata.
Il 29 marzo 2017, il Regno Unito ha notificato al Consiglio europeo la propria intenzione di recedere dall’UE in conformità all’articolo 50 del Trattato sull’Unione europea. Il recesso del Regno Unito dall’UE è avvenuto il 31 gennaio 2020 sulla base delle disposizioni stabilite dall’accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione europea e dalla Comunità europea dell’energia atomica (di seguito l’“accordo di recesso”). Il diritto dell’UE continua ad essere applicabile al Regno Unito e nel suo territorio in conformità ai termini dell’accordo di recesso durante un periodo di transizione che è iniziato alla data di recesso del Regno Unito dall’UE e termina il 31 dicembre 2020[18]. Tuttavia, conformemente al Protocollo (n. 15) su talune disposizioni relative al Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, allegato ai trattati, il Regno Unito non è soggetto in alcun modo all’obbligo di adottare l’euro, a meno che non notifichi al Consiglio la sua intenzione in tal senso. Il 30 ottobre 1997 il Regno Unito ha notificato al Consiglio che non intendeva adottare l’euro il 1° gennaio 1999 e da allora la situazione non ha subìto mutamenti. A seguito di tale notifica, alcune disposizioni del Trattato (compresi gli articoli 130 e 131) e dello Statuto non si applicano al Regno Unito. Di conseguenza, non vige alcun obbligo giuridico di assicurare che la normativa nazionale (compreso lo statuto della Bank of England) sia compatibile con il Trattato e lo Statuto.
L’obiettivo della valutazione della convergenza legale è di facilitare la decisione del Consiglio volta a stabilire quali Stati membri abbiano adempiuto ai propri “obblighi relativi alla realizzazione dell’Unione economica e monetaria” (articolo 140, paragrafo 1, del Trattato). Nella sfera giuridica, queste condizioni attengono in particolare all’indipendenza della banca centrale e all’integrazione legale delle BCN nell’Eurosistema.
Struttura della valutazione giuridica
La valutazione giuridica segue a grandi linee lo schema dei precedenti rapporti della BCE e dell’IME sulla convergenza legale[19].
La compatibilità della normativa nazionale è considerata alla luce della legislazione adottata prima del martedì 24 marzo 2020.
2.2.2 Portata dell’adeguamento
Aree di adeguamento
Allo scopo di identificare le aree in cui si rende necessario l’adeguamento della normativa nazionale, sono esaminate le questioni seguenti:
- compatibilità con le disposizioni relative all’indipendenza delle BCN nel Trattato (articolo 130) e nello Statuto (articoli 7 e 14.2);
- compatibilità con le disposizioni relative al segreto professionale (articolo 37 dello Statuto);
- compatibilità con il divieto di finanziamento monetario (articolo 123 del Trattato) e di accesso privilegiato (articolo 124 del Trattato);
- compatibilità con l’ortografia comune dell’euro imposta dal diritto dell’Unione; e
- integrazione legale delle BCN nell’Eurosistema (in particolare per ciò che concerne gli articoli 12.1 e 14.3 dello Statuto).
“Compatibilità” anziché “armonizzazione”
L’articolo 131 del Trattato prevede che la normativa nazionale sia “compatibile” con i trattati e lo Statuto; qualunque eventuale incompatibilità deve pertanto essere eliminata. Né la preminenza del Trattato e dello Statuto sulla normativa nazionale, né la natura dell’incompatibilità fanno venir meno tale obbligo.
Il requisito di “compatibilità” che la normativa nazionale deve soddisfare non significa che il Trattato richieda l’“armonizzazione” degli statuti delle BCN, né tra di loro né rispetto allo Statuto. Le peculiarità nazionali possono continuare a esistere nei limiti in cui esse non violino la competenza esclusiva dell’UE in materia monetaria. In effetti, l’articolo 14.4 dello Statuto consente alle BCN di svolgere funzioni diverse da quelle specificate nello Statuto, nella misura in cui esse non interferiscano con gli obiettivi e i compiti del SEBC. L’esistenza di disposizioni negli statuti delle BCN che autorizzano l’espletamento di tali funzioni supplementari dimostrano chiaramente che le differenze possono continuare a esistere. Il termine “compatibile” indica, piuttosto, che la normativa nazionale e gli statuti delle BCN devono essere adeguati in modo da eliminare le incongruenze con i trattati e lo Statuto e assicurare il necessario grado di integrazione delle BCN nel SEBC. In particolare, dovrebbe essere adeguata qualsiasi norma che leda l’indipendenza di una BCN, secondo la definizione datane nel Trattato, e il suo ruolo di parte integrante del SEBC. Per conseguire tale obiettivo, pertanto, non è sufficiente fare affidamento semplicemente sul principio della preminenza del diritto dell’UE sulla normativa nazionale.
L’obbligo di cui all’articolo 131 del Trattato riguarda esclusivamente l’incompatibilità con i trattati e lo Statuto. Tuttavia, la normativa nazionale incompatibile con la legislazione secondaria dell’UE pertinente ai settori oggetto di adeguamento esaminati nel presente rapporto dovrebbe essere a questa allineata. La supremazia del diritto dell’UE non incide sull’obbligo di adeguare la normativa nazionale. Tale obbligo di carattere generale deriva non solo dall’articolo 131 del Trattato, ma anche dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea[20].
I trattati e lo Statuto non prescrivono le modalità di adeguamento della normativa nazionale. Tale obiettivo può essere conseguito facendo riferimento alle norme dei trattati e dello Statuto, tramite l’incorporazione di tali disposizioni indicandone l’origine ovvero tramite l’eliminazione dell’incompatibilità ovvero mediante una combinazione di tali metodi.
Inoltre, in funzione strumentale al conseguimento e al mantenimento della compatibilità fra la normativa nazionale e i trattati e lo Statuto, la BCE deve essere consultata dalle istituzioni dell’UE e dagli Stati membri su progetti di disposizioni legislative che ricadono nei suoi ambiti di competenza, ai sensi dell’articolo 127, paragrafo 4, e dell’articolo 282, paragrafo 5, del Trattato, nonché dell’articolo 4 dello Statuto. La Decisione 98/415/CE del Consiglio, del 29 giugno 1998, relativa alla consultazione della Banca centrale europea da parte delle autorità nazionali sui progetti di disposizioni legislative[21] richiede espressamente che gli Stati membri prendano tutte le misure necessarie ad assicurare il rispetto di tale obbligo.
2.2.3 Indipendenza delle BCN
Per quanto concerne l’indipendenza della banca centrale, la normativa nazionale degli Stati membri che hanno aderito all’UE nel 2004, nel 2007 o nel 2013 ha dovuto essere adeguata in modo tale da renderla conforme alle pertinenti disposizioni del Trattato e dello Statuto, ed essere in vigore rispettivamente il 1° maggio 2004, il 1° gennaio 2007 e il 1° luglio 2013[22]. La Svezia era tenuta ad assicurare l’entrata in vigore dei necessari adeguamenti entro il 1° giugno 1998, data di istituzione del SEBC.
Indipendenza della banca centrale
Nel novembre 1995 l’IME ha predisposto un elenco dei diversi profili di indipendenza della banca centrale (descritti successivamente in dettaglio nel suo Rapporto sulla convergenza del 1998), su cui si è basata la valutazione della normativa nazionale degli Stati membri in quel momento, in particolare degli statuti delle BCN. Il concetto d’indipendenza della banca centrale include vari tipi di indipendenza che devono essere valutati separatamente, ossia: Negli ultimi anni, nei pareri adottati dalla BCE, l’analisi di tali aspetti dell’indipendenza della banca centrale è stata ulteriormente raffinata. Gli aspetti considerati costituiscono la base per la valutazione del livello di convergenza della normativa nazionale degli Stati membri con deroga rispetto ai trattati e allo Statuto.
Indipendenza funzionale
L’indipendenza della banca centrale non è fine a se stessa, ma è strumentale al conseguimento di un obiettivo chiaramente definito e preminente su ogni altro. L’indipendenza funzionale richiede che l’obiettivo primario di ogni BCN sia fissato in maniera chiara e certa dal punto di vista giuridico e sia pienamente in linea con l’obiettivo primario della stabilità dei prezzi stabilito dal Trattato. Esso può essere conseguito mettendo a disposizione delle BCN i mezzi e gli strumenti necessari a perseguirlo, indipendentemente da ogni altra autorità. Il requisito dell’indipendenza della banca centrale sancito dal Trattato rispecchia l’opinione generale che l’obiettivo primario della stabilità dei prezzi è perseguito al meglio da un’istituzione pienamente indipendente, il cui mandato sia definito con precisione. L’indipendenza della banca centrale è pienamente compatibile con la responsabilità delle BCN per le proprie decisioni, aspetto rilevante per rafforzare la fiducia nell’indipendenza dell’istituzione stessa. Ciò implica trasparenza e dialogo con i terzi.
Con riferimento alla tempistica, il Trattato non si è espresso chiaramente in merito a quando le BCN degli Stati membri con deroga debbano conformarsi all’obiettivo primario della stabilità dei prezzi previsto nell’articolo 127, paragrafo 1, e nell’articolo 282, paragrafo 2, del Trattato e nell’articolo 2 dello Statuto. Per gli Stati membri che hanno aderito all’UE dopo la data d’introduzione dell’euro, era controverso se tale obbligo decorresse dalla data di adesione o da quella dell’adozione dell’euro da parte loro. In effetti, mentre l’articolo 127, paragrafo 1, del Trattato non ha effetto riguardo agli Stati membri con deroga (cfr. l’articolo 139, paragrafo 2, lettera c), del Trattato), a essi si applica l’articolo 2 dello Statuto (cfr. l’articolo 42.1 dello Statuto). La BCE è dell’avviso che l’obbligo del mantenimento della stabilità dei prezzi quale obiettivo primario delle BCN decorra dal 1° giugno 1998 per la Svezia e dal 1° maggio 2004, dal 1° gennaio 2007 e dal 1° luglio 2013 per gli Stati membri che hanno aderito all’UE in tali date. Ciò poiché uno dei principi guida dell’UE, vale a dire la stabilità dei prezzi (articolo 119 del Trattato), si applica anche nei confronti degli Stati membri con deroga. Inoltre, ciò risponde all’obiettivo sancito nel Trattato che tutti gli Stati membri debbano adoperarsi per conseguire una convergenza macroeconomica, compresa la stabilità dei prezzi, che rappresenta la ragione per la quale vengono preparati regolarmente i rapporti della BCE e della Commissione europea. Tale conclusione è corroborata ulteriormente dalla ragion d’essere dell’indipendenza della banca centrale, che è giustificata solo se viene data preminenza all’obiettivo generale della stabilità dei prezzi.
Per quanto attiene ai termini relativi all’obbligo delle BCN degli Stati membri con deroga di assumere come proprio principale obiettivo il mantenimento della stabilità dei prezzi, le valutazioni relative ai singoli paesi contenute nel presente rapporto sono effettuate sulla base delle conclusioni che precedono.
Indipendenza istituzionale
Il principio dell’indipendenza istituzionale è espressamente menzionato all’articolo 130 del Trattato e all’articolo 7 dello Statuto. Tali articoli vietano alle BCN e ai membri dei rispettivi organi decisionali di sollecitare o accettare istruzioni dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell’UE, dai governi degli Stati membri o da qualsiasi altro organismo. Inoltre, è vietato alle istituzioni, agli organi e agli organismi dell’Unione nonché ai governi degli Stati membri dell’Unione di cercare di influenzare i membri degli organi decisionali delle BCN le cui decisioni possano influire sull’assolvimento dei compiti delle BCN relativi al SEBC. Ove la normativa nazionale rispecchi l’articolo 130 del Trattato e l’articolo 7 dello Statuto, essa dovrebbe al contempo rifletterne i divieti e non restringerne la portata applicativa[23]. Il riconoscimento di tale indipendenza delle banche centrali nazionali non ha come conseguenza quella di esentarle da ogni norma di diritto né di metterle al riparo da qualsiasi tipo di legislazione[24].
Indipendentemente dalla forma giuridica assunta dalla BCN, sia essa un ente statale, un organismo di diritto pubblico o sia semplicemente costituita in forma societaria, vi è il rischio che i titolari, in virtù dei diritti derivanti da tale posizione, possano influenzarne gli organi decisionali in relazione ai compiti assolti nell’ambito del SEBC[25]. Tale influenza, sia essa esercitata tramite i diritti degli azionisti o altrimenti, potrebbe incidere sull’indipendenza di una BCN e dovrebbe pertanto essere limitata a livello normativo.
Il quadro normativo relativo all’attività di banca centrale deve fornire una base stabile e a lungo termine per il funzionamento di una banca centrale. Un quadro normativo che consenta modifiche frequenti all’assetto istituzionale di una BCN, incidendo così sulla sua stabilità organizzativa e gestionale, potrebbe pregiudicarne l’indipendenza istituzionale[26].
Divieto di impartire istruzioni
Diritti di terzi di impartire istruzioni alle BCN, ai loro organi decisionali o ai loro membri sono incompatibili con il Trattato e con lo Statuto, laddove riguardino compiti del SEBC.
Qualunque coinvolgimento di una BCN nell’attuazione di misure di rafforzamento della stabilità finanziaria deve avvenire nell’osservanza del Trattato, ossia le funzioni delle BCN devono assolte in maniera pienamente compatibile con la loro indipendenza istituzionale e finanziaria così da salvaguardare il puntuale assolvimento dei loro compiti ai sensi del Trattato e dello Statuto[27]. Nei limiti in cui la normativa nazionale assegni alla BCN un ruolo che vada oltre le funzioni consultive e richieda l’assunzione di compiti supplementari, è necessario assicurare che tali compiti non incidano sulla capacità della BCE di assolvere i compiti relativi al SEBC dal punto di vista operativo e finanziario[28]. Inoltre, ai fini dell’inclusione di rappresentanti della BCN in organi decisionali collegiali di autorità di vigilanza o di altre autorità, si dovrebbe tenere debito conto delle garanzie di indipendenza personale dei membri degli organi decisionali della BCN[29].
Divieto di approvazione, sospensione, annullamento o differimento di decisioni
Diritti di terzi di approvare, sospendere, annullare o differire decisioni di una BCN sono incompatibili con il Trattato e lo Statuto, laddove riguardino compiti del SEBC[30].
Divieto di sindacato sulle decisioni per motivi di legittimità
Il diritto di organi diversi da tribunali indipendenti di sindacare, per motivi di legittimità, decisioni relative alle funzioni assolte nell’ambito del SEBC è incompatibile con il Trattato e lo Statuto, in quanto l’espletamento di tali funzioni non può essere posto in discussione a livello politico. Il diritto del governatore di una BCN di sospendere, per motivi di legittimità, l’attuazione delle decisioni del SEBC o degli organi decisionali di una BCN per sottoporle, quindi, a una decisione finale di autorità politiche equivarrebbe a chiedere istruzioni a soggetti terzi.
Divieto di partecipazione alle riunioni degli organi decisionali di una BCN con diritto di voto
La partecipazione alle riunioni degli organi decisionali di una BCN da parte di rappresentanti di soggetti terzi con diritto di voto su materie concernenti l’assolvimento da parte delle BCN di compiti del SEBC è incompatibile con il Trattato e lo Statuto, anche se tale voto non è decisivo. Tale partecipazione, anche senza diritto di voto, è incompatibile con il Trattato e lo Statuto, ove tale partecipazione interferisca con l’assolvimento di funzioni relative al SEBC da parte di tali organi decisionali o metta a rischio il regime di riservatezza del SEBC[31].
Divieto di consultazione preventiva in merito a decisioni della BCN
Un obbligo statutario che imponga espressamente a una BCN di consultare preventivamente soggetti terzi in merito alle proprie decisioni fornisce a questi ultimi un meccanismo formale per influire sulle decisioni finali ed è quindi incompatibile con il Trattato e lo Statuto.
Tuttavia, anche quando è basato sull’obbligo statutario di fornire informazioni e scambiare opinioni, il dialogo fra una BCN e i soggetti terzi è compatibile con l’indipendenza della banca centrale, purché:
- ciò non interferisca con l’indipendenza dei membri degli organi decisionali della BCN;
- lo status particolare dei governatori nel loro ruolo di membri degli organi decisionali della BCE sia pienamente rispettato; e
- siano osservati gli obblighi di riservatezza imposti dallo Statuto[32].
Assolvimento di funzioni di pertinenza dei membri degli organi decisionali della BCN
Le disposizioni statutarie concernenti l’adempimento da parte di terzi (ad esempio i governi) di funzioni di pertinenza dei membri degli organi decisionali delle BCN (ad esempio in relazione ai conti finanziari) dovrebbero essere integrate da opportune clausole di salvaguardia, affinché tale potere non leda la capacità del singolo membro della BCN di prendere in maniera indipendente decisioni relative ai compiti del SEBC (ovvero di attuare decisioni adottate nell’ambito del SEBC). Si raccomanda quindi di includere negli statuti delle BCN un’espressa disposizione in questo senso.
Indipendenza personale
La disposizione dello Statuto relativa alla garanzia di permanenza in carica dei membri degli organi decisionali delle BCN ne rafforza ulteriormente l’indipendenza. I governatori delle BCN sono membri del Consiglio generale della BCE e diverranno membri del suo Consiglio direttivo a seguito dell’adozione dell’euro da parte dei rispettivi Stati membri. L’articolo 14.2 dello Statuto stabilisce che gli statuti delle BCN debbano prevedere, in particolare, un termine minimo di cinque anni di permanenza in carica per i governatori. Tale disposizione fornisce altresì una tutela contro i casi in cui il governatore sia arbitrariamente sollevato dall’incarico, sancendo che questi possa essere sollevato dall’incarico solo qualora non soddisfi più le condizioni necessarie per l’espletamento delle sue funzioni o qualora si sia reso colpevole di gravi mancanze. In tali casi, l’articolo 14.2 dello Statuto prevede la possibilità di adire la Corte di giustizia dell’Unione europea la quale ha il potere di annullare la decisione nazionale adottata per sollevare il governatore dall’incarico[33]. La sospensione di un governatore può equivalere al sollevarlo dall’incarico ai fini dell’articolo 14.2 dello Statuto[34]. Gli statuti delle BCN devono essere conformi a tale disposizione, come illustrato di seguito.
L’articolo 130 del Trattato vieta ai governi nazionali e a ogni altro organo di influenzare i membri degli organi decisionali delle BCN nell’assolvimento dei loro compiti. In particolare, gli Stati membri non possono tentare di influenzare i membri degli organi decisionali di una BCN apportando modifiche alla normativa nazionale che incidano sulla loro remunerazione, e che, in linea di principio, dovrebbero applicarsi solo alle future nomine[35].
Termine minimo di permanenza in carica dei governatori
Ai sensi dell’articolo 14.2 dello Statuto, gli statuti delle BCN devono prevedere per il governatore un termine minimo di permanenza in carica pari a cinque anni. Ciò non esclude che la durata del mandato possa essere più lunga; nel caso in cui sia a tempo indeterminato, non è necessario adeguare lo statuto se i motivi per i quali un governatore può essere sollevato dall’incarico sono in linea con quelli previsti dall’articolo 14.2 dello Statuto. Non possono essere giustificati periodi più brevi anche se applicati durante un periodo transitorio[36]. Una normativa nazionale che fissi l’età per il pensionamento obbligatorio dovrebbe assicurare che essa non interrompa il termine minimo di permanenza in carica previsto dall’articolo 14.2 dello Statuto, il quale prevale sul pensionamento obbligatorio, ove applicabile a un governatore[37]. Qualora gli statuti delle BCN siano modificati, la modifica dovrebbe garantire la continuità del mandato del governatore e degli altri membri degli organi decisionali coinvolti nell’espletamento dei compiti del SEBC[38].
Condizioni per sollevare i governatori dall’incarico
Gli statuti delle BCN devono assicurare che un governatore non possa essere sollevato dall’incarico per cause diverse da quelle previste dall’articolo 14.2 dello Statuto. La finalità della prescrizione di cui a tale articolo è quella di evitare che le autorità coinvolte nella nomina del governatore, in particolare il governo o il parlamento, esercitino in modo discrezionale il loro potere di revoca. Gli statuti delle BCN dovrebbero far riferimento all’articolo 14.2 dello Statuto ovvero incorporarne le disposizioni citandone la fonte, ovvero rimuovere ogni incompatibilità in relazione alle cause per sollevare dall’incarico di cui all’articolo 14.2 dello Statuto, ovvero, infine, omettere di farne menzione (dal momento che il predetto articolo è direttamente applicabile)[39]. Una volta eletti o nominati, i governatori non possono essere sollevati dall’incarico per cause diverse da quelle menzionate all’articolo 14.2 dello Statuto, anche se non erano ancora entrati in servizio. Dato che le condizioni in presenza delle quali un governatore può essere sollevato dall’incarico costituiscono nozioni autonome di diritto dell’Unione, la loro applicazione e la loro interpretazione non dipendono dai contesti nazionali[40]. In definitiva, spetta alla Corte di giustizia dell’Unione europea nell’ambito dei poteri conferitile dall’articolo 14.2 dello Statuto verificare che la decisione di sollevare dall’incarico il governatore di una banca centrale sia giustificata da indicazioni sufficienti che questi abbia commesso gravi mancanze tali da giustificare una tale misura[41].
Garanzie di permanenza in carica dei membri degli organi decisionali delle BCN, diversi dai governatori, coinvolti nell’espletamento di funzioni proprie del SEBC e ragioni per sollevarli dall’incarico
Applicare le stesse regole relative alle garanzie di permanenza in carica e le cause per sollevare dall’incarico relative ai governatori ad altri membri degli organi decisionali delle BCN coinvolti nell’assolvimento dei compiti del SEBC garantirà anche l’indipendenza personale di tali soggetti[42]. Le disposizioni di cui all’articolo 14.2 dello Statuto non si limitano alla garanzia di permanenza in carica dei soli governatori, e inoltre nell’articolo 130 del Trattato e nell’articolo 7 dello Statuto non si fa specifico riferimento ai governatori, ma ai “membri degli organi decisionali” delle BCN. Ciò vale in particolare ove un governatore sia “primus inter pares” rispetto a colleghi con pari diritto di voto oppure ove tali altri membri siano coinvolti nell’assolvimento dei compiti del SEBC.
Controllo giurisdizionale
I membri degli organi decisionali delle BCN devono avere il diritto di sottoporre la decisione di sollevarli dall’incarico a un tribunale indipendente, al fine di limitare il potere discrezionale delle autorità politiche nella valutazione dei motivi di tale decisione.
L’articolo 14.2 dello Statuto stabilisce che i governatori delle BCN sollevati dall’incarico possono portare la relativa decisione dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea. Una normativa nazionale dovrebbe rimandare allo Statuto, ovvero omettere ogni riferimento al diritto di adire la Corte di giustizia dell’Unione europea (data la diretta applicabilità dell’articolo 14.2 dello Statuto).
Una normativa nazionale dovrebbe altresì prevedere il diritto di sottoporre alla verifica dei tribunali nazionali le decisioni di sollevare dall’incarico i membri degli organi decisionali della BCN coinvolti nell’assolvimento dei compiti propri del SEBC. Tale diritto può costituire un principio generale di diritto ovvero prendere la forma di una disposizione specifica. Anche qualora si possa affermare che i principi generali del diritto già contemplano un diritto al controllo giurisdizionale, per esigenze di certezza giuridica, potrebbe essere opportuno introdurre una specifica previsione in tal senso.
Tutele contro le ipotesi di conflitto di interessi
L’indipendenza personale comporta anche l’esigenza di assicurare che non sorgano conflitti di interessi tra i compiti dei membri degli organi decisionali delle BCN coinvolti nell’espletamento dei compiti del SEBC in relazione alle rispettive BCN (nonché dei governatori in relazione alla BCE) ed eventuali altre funzioni che tali membri possono essere chiamati a svolgere e che potrebbero comprometterne l’indipendenza personale[43]. In linea di principio, l’appartenenza a un organo decisionale coinvolto nell’espletamento di compiti del SEBC è incompatibile con l’esercizio di altre funzioni suscettibili di determinare un conflitto di interessi. In particolare, i membri di tali organi non possono ricoprire una carica o avere interessi suscettibili di influenzare le attività da essi svolte, mediante cariche nel ramo esecutivo o legislativo dello Stato, o in altre amministrazioni pubbliche a livello regionale o locale, o ancora tramite cariche in imprese private. Particolare cura andrebbe inoltre rivolta alla prevenzione di potenziali conflitti di interesse da parte di membri non esecutivi degli organi decisionali.
Indipendenza finanziaria
L’indipendenza complessiva di una BCN potrebbe essere messa a repentaglio se essa non potesse reperire autonomamente risorse finanziarie sufficienti a espletare il proprio mandato, ossia assolvere i compiti del SEBC cui è tenuta in virtù del Trattato e dello Statuto.
Gli Stati membri non possono mettere le rispettive BCN nella condizione di non disporre di risorse finanziarie o di un patrimonio netto sufficienti[44] ad assolvere i compiti del SEBC o, a seconda dei casi, all’Eurosistema. Si noti che gli articoli 28.1 e 30.4 dello Statuto prevedono la possibilità che la BCE richieda alle BCN di contribuire ulteriormente al capitale della BCE e di effettuare ulteriori trasferimenti di riserve in valuta[45]. Inoltre, l’articolo 33.2 dello Statuto dispone[46] che, qualora la BCE subisca una perdita che non possa essere interamente coperta dal fondo di riserva generale, il Consiglio direttivo della BCE può decidere di compensare la perdita con il reddito monetario dell’esercizio finanziario pertinente, in proporzione e nei limiti degli importi ripartiti tra le BCN. Secondo il principio dell’indipendenza finanziaria, il rispetto di tali disposizioni richiede che la capacità di una BCN di adempiere alle proprie funzioni non sia pregiudicata.
Tale principio prevede inoltre che una BCN disponga di mezzi sufficienti ad assolvere non solo i compiti del SEBC, ma anche quelli nazionali (ad esempio la vigilanza sul settore finanziario, il finanziamento della propria gestione e delle proprie operazioni, l’erogazione di liquidità d’emergenza[47]).
Per tutte le ragioni predette, l’indipendenza finanziaria richiede anche che una BCN sia sempre sufficientemente capitalizzata. In particolare, si dovrebbero evitare situazioni in cui il capitale netto di una BCN sia, per un periodo di tempo prolungato, inferiore al suo capitale sociale o addirittura negativo, anche nel caso in cui le perdite rispetto al livello di capitale e le riserve siano soggette a riporto[48]. Una tale situazione potrebbe avere un impatto negativo sulla capacità della BCN di assolvere i compiti del SEBC e quelli nazionali. Inoltre, potrebbe essere minata la credibilità della politica monetaria dell’Eurosistema. Pertanto, l’eventualità che il capitale netto di una BCN sia inferiore al suo capitale sociale, o addirittura negativo, richiederebbe al rispettivo Stato membro di mettere a disposizione della BCN una quantità di capitale adeguata almeno fino al livello del capitale sociale entro un periodo di tempo ragionevole, in modo da rispettare il principio dell’indipendenza finanziaria. Per quanto riguarda la BCE, l’importanza di tale questione è stata già riconosciuta dal Consiglio mediante l’adozione del Regolamento (CE) n. 1009/2000 del Consiglio, dell’8 maggio 2000, relativo agli aumenti di capitale della Banca centrale europea[49]. Esso ha permesso al Consiglio direttivo della BCE di decidere un aumento effettivo del capitale della BCE al fine di mantenere l’adeguatezza della base di patrimoniale necessaria a sostenerne le operazioni[50]; le BCN dovrebbero essere finanziariamente capaci di dare attuazione a una decisione della BCE in tal senso.
Nel valutare l’indipendenza finanziaria è necessario verificare se un soggetto terzo abbia modo di esercitare un’influenza diretta o indiretta non solo sulle funzioni della BCN, ma anche sulla sua capacità di assolvere il proprio mandato, intesa sia come capacità operativa, in termini di risorse umane, che finanziaria, in termini di adeguati mezzi economici. Al riguardo i profili di indipendenza finanziaria di seguito elencati sono particolarmente rilevanti[51]. Essi costituiscono i profili di indipendenza finanziaria per i quali le BCN sono più vulnerabili all’influenza esterna.
Determinazione del bilancio
La facoltà di un soggetto terzo di determinare o di influire sul bilancio preventivo di una BCN è incompatibile con il principio di indipendenza finanziaria, a meno che una disposizione legislativa non stabilisca che tale facoltà non pregiudica i mezzi finanziari necessari alla BCN per svolgere i compiti del SEBC[52].
Principi contabili
I conti devono essere redatti conformemente ai principi contabili generali o in base a criteri specifici individuati dagli organi decisionali delle BCN. Qualora, invece, tali principi siano stabiliti da soggetti terzi, allora essi dovrebbero quantomeno tenere in considerazione le proposte degli organi decisionali delle BCN.
I conti annuali dovrebbero essere adottati dagli organi decisionali delle BCN, assistiti da esperti contabili indipendenti, e possono essere sottoposti all’approvazione a posteriori di soggetti terzi (ad esempio il governo o il parlamento). Gli organi decisionali della BCN dovrebbero essere in grado di decidere i criteri di calcolo degli utili in maniera indipendente e professionale.
Qualora le operazioni di una BCN siano sottoposte al controllo dell’ente statale di revisione o di un organo analogo preposto alla verifica dell’impiego delle finanze pubbliche, la portata di tale verifica dovrebbe essere chiaramente definita a livello normativo[53], non dovrebbe pregiudicare l’attività svolta dai revisori esterni indipendenti della BCN[54] e inoltre, in linea con il principio di indipendenza istituzionale, dovrebbe rispettare il divieto di impartire istruzioni a una BCN e ai suoi organi decisionali e non interferire con le funzioni della BCN connesse alla partecipazione al SEBC[55]. La revisione statale è effettuata su base non politica, indipendente e puramente professionale[56].
Distribuzione degli utili, capitale della BCN e accantonamenti
Per quanto concerne la distribuzione degli utili, lo statuto di una BCN può stabilirne le modalità. In mancanza di disposizioni al riguardo, le decisioni relative alla distribuzione degli utili dovrebbero essere assunte dagli organi decisionali della BCN in modo professionale e non dovrebbero essere soggette alla discrezionalità di terzi, a meno che non vi sia una clausola di salvaguardia espressa che garantisca che ciò non pregiudica i mezzi finanziari necessari a espletare le funzioni della BCN connesse al SEBC e quelle nazionali[57].
I profitti possono essere distribuiti al bilancio dello Stato solo dopo che le eventuali perdite accumulate dagli esercizi precedenti siano state ripianate[58] e siano stati costituiti gli accantonamenti finanziari ritenuti necessari a salvaguardare il valore reale del capitale e delle attività della BCN. Provvedimenti legislativi ad hoc o provvisori che impartiscano istruzioni alle BCN in relazione alla distribuzione dei rispettivi profitti non sono ammissibili[59]. Analogamente, anche una tassa sulle plusvalenze non realizzate comporterebbe un pregiudizio all’indipendenza finanziaria[60].
Uno Stato membro non può imporre riduzioni di capitale alla BCN senza il previo consenso dei suoi organi decisionali, che deve essere diretto a garantire che vengano preservate le risorse finanziarie necessarie a espletare il suo mandato di membro del SEBC, conformemente all’articolo 127, paragrafo 2, del Trattato e allo Statuto. Per la stessa ragione, qualunque modifica alle norme sulla distribuzione dei profitti di una BCN dovrebbe essere avviata e decisa in cooperazione con la BCN, che è in condizione di valutare al meglio il livello richiesto del suo capitale di riserva[61]. Per quanto riguarda gli accantonamenti finanziari o le riserve, le BCN devono essere libere di costituire autonomamente accantonamenti finanziari per salvaguardare il valore reale del proprio capitale e delle proprie attività. Gli Stati membri non possono ostacolare le BCN nella costituzione del loro capitale di riserva al livello necessario a un membro del SEBC per l’adempimento dei propri compiti[62].
Responsabilità finanziaria per le autorità di vigilanza
Nella maggior parte degli Stati membri l’autorità preposta alla vigilanza finanziaria è istituita in seno alla BCN. Ciò non crea problemi se tale autorità è sottoposta al processo decisionale indipendente della BCN. Tuttavia, ove la legge disponga che essa operi attraverso un processo decisionale distinto, è importante assicurare che le sue deliberazioni non mettano complessivamente a rischio le finanze della BCN. In questi casi la normativa nazionale dovrebbe attribuire alla BCN la facoltà di esaminare in ultima istanza le decisioni dell’autorità di vigilanza suscettibili di incidere sulla sua indipendenza, in particolare sotto il profilo finanziario.
Autonomia in materia di personale
Gli Stati membri non possono pregiudicare la capacità di una BCN di assumere e mantenere il personale qualificato necessario a svolgere in maniera autonoma i compiti a essa conferiti dal Trattato e dallo Statuto[63]. Inoltre, una BCN non può essere posta nella condizione di avere un controllo limitato o nullo sul proprio personale o di subire l’influenza del governo di uno Stato membro rispetto alle proprie politiche in materia di personale[64]. Ogni modifica a disposizioni legislative in materia di remunerazione dei membri degli organismi decisionali di una BCN e del suo personale dovrebbe essere decisa in stretta ed effettiva cooperazione con la BCN[65], tenendo debito conto del suo parere, al fine di assicurare la capacità della BCN di espletare in modo continuativo le sue funzioni in maniera indipendente[66]. L’autonomia in materia di personale si estende a questioni inerenti le pensioni degli impiegati Inoltre, modifiche che determinano una riduzione della remunerazione del personale di una BCN non dovrebbero interferire con il potere della BCN di amministrare le proprie risorse finanziarie, compresi i fondi rivenienti dalla riduzione degli stipendi corrisposti[67].
Proprietà e diritti proprietari
I diritti dei terzi di intervenire o impartire istruzioni nei confronti di una BCN in relazione alle sue proprietà sono incompatibili con il principio di indipendenza finanziaria.
2.2.4 Riservatezza
L’obbligo del segreto professionale cui sono tenuti il personale e i membri degli organi decisionali della BCE e delle BCN, sancito dall’articolo 37 dello Statuto, può dare origine a disposizioni analoghe negli statuti delle BCN o nelle legislazioni degli Stati membri. La preminenza del diritto dell’Unione e delle normative adottate nel suo ambito implica altresì che le leggi nazionali relative all’accesso a documenti da parte di terzi debbano rispettare le pertinenti disposizioni del diritto dell’Unione, incluso l’articolo 37 dello Statuto, e non possano comportare violazioni del regime di riservatezza del SEBC. L’accesso da parte di un ufficio di revisione statale o di un organismo analogo a informazioni e documenti riservati di una BCN deve essere limitato a quanto è necessario ad adempiere ai compiti di legge dell’organismo che riceve le informazioni e deve aver luogo senza pregiudicare il regime di riservatezza del SEBC a cui sono soggetti i membri degli organi decisionali e il personale delle BCN[68]. Le BCN dovrebbero assicurare che tali soggetti proteggano la riservatezza delle informazioni e della documentazione forniti a un livello corrispondente a quello applicato dalle BCN.
2.2.5 Divieto di finanziamento monetario e accesso privilegiato
Con riguardo al divieto di finanziamento monetario e di accesso privilegiato, la normativa nazionale degli Stati membri che hanno aderito all’UE nel 2004, nel 2007 o nel 2013 ha dovuto essere adeguata per renderla conforme alle pertinenti disposizioni del Trattato e dello Statuto e risultare in vigore rispettivamente il 1° maggio 2004, il 1° gennaio 2007 e il 1° luglio 2013. La Svezia era tenuta ad assicurare l’entrata in vigore dei necessari adeguamenti entro il 1° gennaio 1995.
Divieto di finanziamento monetario
L’articolo 123, paragrafo 1, del Trattato, proibisce la concessione di scoperti di conto o qualsiasi altra forma di facilitazione creditizia da parte della BCE o da parte delle BCN a istituzioni, organi o organismi dell’UE, alle amministrazioni statali, agli enti regionali, locali o altri enti pubblici, ad altri organismi di diritto pubblico o a imprese pubbliche degli Stati membri. La norma proibisce anche l’acquisto diretto presso tali soggetti di diritto pubblico di titoli di debito da parte della BCE o delle BCN. Il Trattato prevede un’eccezione a tale divieto di finanziamento monetario: esso non si applica agli enti creditizi di proprietà pubblica che, nel contesto dell’offerta di liquidità da parte delle banche centrali, devono ricevere lo stesso trattamento degli enti creditizi privati (articolo 123, paragrafo 2, del Trattato). Inoltre, la BCE e le BCN possono operare come agenti finanziari per gli organismi predetti (articolo 21.2 dello Statuto). L’esatto ambito di applicazione del divieto di finanziamento monetario è chiarito ulteriormente dal Regolamento (CE) n. 3603/93 del Consiglio, del 13 dicembre 1993, che precisa le definizioni necessarie all’applicazione dei divieti enunciati agli articoli 104 e 104 B, paragrafo 1, del Trattato[69], in virtù del quale il divieto include qualunque finanziamento degli impegni assunti dal settore pubblico nei confronti dei terzi.
Il divieto di finanziamento monetario è cruciale per assicurare che non siano frapposti ostacoli al conseguimento dell’obiettivo primario della politica monetaria (cioè il mantenimento della stabilità dei prezzi). Inoltre, il finanziamento del settore pubblico da parte delle banche centrali attenua gli incentivi a una disciplina di bilancio. Tale divieto deve pertanto essere interpretato estensivamente in modo da assicurare una sua rigorosa applicazione ed è soggetto solo ad alcune limitate esenzioni contenute nell’articolo 123, paragrafo 2, del Trattato e nel Regolamento (CE) n. 3603/93. Così, se anche l’articolo 123, paragrafo 1, fa riferimento specificamente alla “facilitazione creditizia”, vale a dire ai casi in cui è previsto l’obbligo di rimborsare i fondi, il divieto può essere applicato a maggior ragione ad altre forme di finanziamento, ossia ai casi in cui manca l’obbligo di rimborso.
La BCE ha sviluppato un proprio orientamento generale sulla compatibilità della normativa nazionale con il divieto in questione, principalmente nel contesto dei pareri resi agli Stati membri su progetti di disposizioni legislative, ai sensi degli articoli 127, paragrafo 4, e 282, paragrafo 5, del Trattato[70].
Normativa nazionale di recepimento del divieto di finanziamento monetario
Nei casi in cui le disposizioni legislative nazionali rispecchino l’articolo 123 del Trattato ovvero il Regolamento (CE) n. 3603/93, esse non possono restringere l’ambito di applicazione del divieto di finanziamento monetario o ampliare le eccezioni previste dal diritto dell’UE. Ad esempio, una normativa nazionale che preveda il finanziamento da parte della BCN di impegni finanziari di uno Stato membro nei confronti di istituzioni finanziarie internazionali (diverse dall’FMI nel ruolo previsto nel Regolamento (CE) n. 3603/93)[71] o di paesi terzi è incompatibile con il divieto di finanziamento monetario.
Finanziamento del settore pubblico di impegni da questo assunti nei confronti di terzi
Una normativa nazionale non può imporre a una BCN di finanziare l’assolvimento di funzioni da parte di altri organismi del settore pubblico o gli impegni assunti dal settore pubblico nei confronti dei terzi. Ciò si applica altresì al conferimento di nuovi compiti alle BCN. A tal fine è necessario verificare caso per caso se il compito da conferire alla BCN costituisca un compito di banca centrale o un compito del governo, ossia un compito che rientra tra le responsabilità del governo[72]. In altre parole è necessario che sussistano salvaguardie sufficienti per prevenire l’elusione dell’obiettivo del divieto di finanziamento monetario. Il Consiglio direttivo ha fissato appositi criteri per determinare ciò che si possa ritenere come rientrante nella nozione di obbligazione del settore pubblico ai sensi del regolamento (CE) n. 3603/93, ovvero, in altri termini, ciò che costituisca un compito del governo[73]. Per assicurare il rispetto del divieto di finanziamento monetario, un nuovo compito affidato a una BCN deve essere pienamente e adeguatamente remunerato ove esso: (a) non sia un compito di banca centrale o un’azione che agevola l’adempimento di un compito di banca centrale; ovvero (b) sia collegato a un compito governativo ed eseguito nell’interesse del governo[74]. Criteri importanti per qualificare un nuovo compito come un compito del governo sono: (a) l’atipicità; (b) il suo adempimento per conto e nell’esclusivo interesse del governo; e (c) il suo impatto sull’indipendenza istituzionale, finanziaria e personale della BCE. In particolare, un compito può essere qualificato come un compito del governo se il suo adempimento soddisfa uno dei seguenti criteri: (a) crea conflitti di interessi irrisolti con preesistenti compiti di banca centrale; (b) è sproporzionato alla capacità finanziaria e organizzativa della BCE; (c) è incongruente con l’assetto istituzionale della BCN; (d) comporta notevoli rischi finanziari e (e) espone i membri degli organi decisionali della BCE a rischi politici sproporzionati, suscettibili di arrecare loro pregiudizio in termini di indipendenza personale[75].
Alcuni dei nuovi compiti conferiti alle BCN che la BCE ritiene propri del governo sono: (a) compiti inerenti al finanziamento di fondi o meccanismi finanziari di risoluzione nonché alla garanzia dei depositi o all’indennizzo degli investitori[76]; (b) compiti inerenti all’istituzione di un registro centrale dei conti correnti[77]; (c) compiti di mediazione creditizia[78]; (d) compiti relativi alla raccolta, all’aggiornamento e all’elaborazione di dati funzionali al calcolo dei trasferimenti di premi assicurativi[79]; (e) compiti relativi alla tutela della concorrenza nel mercato dei mutui ipotecari[80]; (f) compiti relativi alla fornitura di risorse a organismi che sono indipendenti della BCN e operano come estensione del governo[81]; e (g) compiti di un’autorità di informazione a fini di agevolazione del recupero di crediti transfrontaliero in materia civile e commerciale[82]; (h) compiti inerenti all’istituzione di una banca dati degli indennizzi assicurativi[83]; e (i) compiti inerenti alla preparazione della difesa nazionale che esulino dai compiti inerenti la pianificazione interna delle emergenze di una banca centrale[84]. Per contro, possono costituire compiti di banca centrale, tra gli altri, compiti di vigilanza o compiti ad essi relativi, come quelli relativi alla tutela dei consumatori nel settore dei servizi finanziari[85], ovvero all’osservanza da parte degli enti creditizi dei requisiti in materia di ristrutturazione del prestito[86], vigilanza su società che acquisiscono crediti[87] o società di leasing finanziario[88], vigilanza su fornitori e intermediari del credito al consumo[89], autorizzazione e vigilanza su fornitori di microcredito[90], vigilanza sulle agenzie di referenza creditizia[91], vigilanza su amministratori di tassi di indici di riferimento[92], compiti di vigilanza volti ad assicurare il rispetto del diritto dell’Unione nel settore dei prodotti e dei servizi di investimento[93], compiti relativi alla sorveglianza sui sistemi di pagamento[94], compiti relativi all’applicazione e al rispetto della legislazione dell’Unione relativa ai conti di pagamento[95], compiti di risoluzione amministrativa[96] ovvero compiti relativi all’esercizio e alla gestione dei registri dei crediti[97].
Inoltre, nessun finanziamento temporaneo può essere concesso da una BCN per consentire a uno Stato membro di onorare i propri impegni in relazione alle garanzie statali sulle passività delle banche[98]. Ancora, la distribuzione di profitti di banca centrale non ancora realizzati, contabilizzati e sottoposti a revisione non è compatibile con il divieto di finanziamento monetario. Per rispettare il divieto di finanziamento monetario, l’importo distribuito al bilancio dello Stato ai sensi delle norme applicabili concernenti la distribuzione dei profitti non può essere versato, neppure parzialmente, a valere sul capitale di riserva della BCN. Pertanto, le norme sulla distribuzione dei profitti non dovrebbero incidere sul capitale di riserva della BCN. Inoltre, ove attività di una BCN siano trasferite allo Stato, queste devono essere remunerate al valore di mercato e il trasferimento dovrebbe avere luogo contemporaneamente al pagamento del corrispettivo[99].
Allo stesso modo, non è consentito intervenire sull’adempimento di altri compiti dell’Eurosistema, come la gestione delle riserve in valuta estera, mediante la tassazione delle plusvalenze teoriche non realizzate poiché ciò equivarrebbe a una forma di credito di banca centrale al settore pubblico attraverso la distribuzione anticipata di profitti incerti e futuri[100].
Assunzione di passività del settore pubblico
Una normativa nazionale che imponga a una BCN di assumere le passività di un organismo pubblico precedentemente indipendente all’esito di una riorganizzazione a livello nazionale di taluni compiti e funzioni (ad esempio, nel quadro del trasferimento alla BCN di taluni compiti in materia di vigilanza precedentemente assolti dallo Stato o da autorità od organi pubblici indipendenti), senza isolare completamente la BCN da tutti gli obblighi di natura finanziaria derivanti dalle attività precedentemente svolte da tale organismo, sarebbe incompatibile con il divieto di finanziamento monetario[101]. Analogamente, una normativa nazionale che imponga a una BCN di ottenere la previa approvazione del governo prima di adottare azioni di risoluzione in un’ampia gamma di situazioni, senza limitarne la responsabilità agli atti amministrativi suoi propri sarebbe incompatibile con il divieto di finanziamento monetario[102]. Analogamente, una normativa nazionale che imponga a una BCN di risarcire i danni, nella misura in cui essa si traduca in un’assunzione da parte della BCN di una responsabilità dello stato, non sarebbe in linea con il divieto di finanziamento monetario[103].
Sostegno finanziario a enti creditizi e/o istituzioni finanziarie
Una normativa nazionale che preveda il finanziamento da parte di una BCN, concesso indipendentemente e a sua completa discrezione, di enti creditizi al di fuori del contesto dei compiti di banca centrale (quali politica monetaria, sistemi di pagamento o operazioni temporanee di sostegno alla liquidità), in particolare il sostegno di enti creditizi e/o altre istituzioni finanziarie insolventi, sarebbe incompatibile con il divieto di finanziamento monetario.
Ciò si applica, in particolare, al sostegno di enti creditizi insolventi. La logica è che, tramite il finanziamento di un ente creditizio insolvente, una BCN assumerebbe un compito proprio del governo[104]. Le medesime preoccupazioni si estendono al finanziamento da parte dell’Eurosistema di un ente creditizio che sia stato ricapitalizzato al fine di ripristinarne la solvibilità, tramite collocamento diretto di strumenti di debito emessi dal governo, qualora non sussistano fonti alternative di finanziamento sul mercato (di seguito “titoli di debito emessi per la ricapitalizzazione”) e qualora detti titoli debbano essere usati quali garanzie. In tale ipotesi di ricapitalizzazione di un ente creditizio da parte dello Stato tramite collocamento diretto di titoli di debito emessi per la ricapitalizzazione, il successivo utilizzo di tali titoli quali garanzie nelle operazioni di liquidità di banca centrale solleva problemi di finanziamento monetario[105]. I finanziamenti volti a fronteggiare gravi crisi di liquidità, erogati da una BCN in maniera indipendente e pienamente discrezionale a un ente creditizio solvibile sulla base di una garanzia finanziaria statale, devono rispettare le seguenti condizioni: (a) è necessario assicurare che il credito concesso dalla BCN sia il più possibile a breve termine; (b) devono essere in gioco profili di stabilità a livello sistemico; (c) non devono sussistere dubbi circa la validità e l’efficacia giuridica della garanzia statale ai sensi del diritto nazionale applicabile; e (d) non devono sussistere dubbi circa l’adeguatezza sotto il profilo economico della garanzia statale, che dovrebbe coprire sia il capitale che gli interessi sui prestiti[106].
A tal fine, dovrebbe essere valutato l’inserimento di riferimenti all’articolo 123 del Trattato nella legislazione nazionale.
Sostegno finanziario ai fondi o meccanismi finanziari di risoluzione e ai sistemi di garanzia dei depositi e di indennizzo degli investitori
Mentre le funzioni inerenti alla risoluzione amministrativa sono generalmente considerate connesse a quelle di cui all’articolo 127, paragrafo 5, del Trattato, il finanziamento di fondi o meccanismi finanziari di risoluzione non è in linea con il divieto di finanziamento monetario[107]. Qualora una BCN funga da autorità di risoluzione, essa non dovrebbe in alcun caso assumere o finanziare obblighi di un ente-ponte o di una società veicolo per la gestione delle attività[108]. A tal fine, la normativa nazionale dovrebbe precisare che la BCN non assumerà né finanzierà gli obblighi di tali enti[109].
La direttiva relativa ai sistemi di garanzia dei depositi[110] e quella relativa ai sistemi di indennizzo degli investitori[111] dispongono che i costi del finanziamento di tali sistemi debbano essere sostenuti, rispettivamente, dagli stessi enti creditizi e dalle imprese di investimento. Una normativa nazionale che prevedesse il finanziamento da parte delle BCN di un sistema nazionale di garanzia dei depositi per gli enti creditizi o di un sistema nazionale di indennizzo degli investitori per le imprese di investimento sarebbe compatibile con il divieto di finanziamento monetario solo ove fosse a breve termine, fosse destinata a fronteggiare situazioni di urgenza, fossero in gioco aspetti di stabilità sistemica e le decisioni fossero rimesse alla discrezionalità della BCN[112]. A tal fine, dovrebbe essere valutato l’inserimento di riferimenti all’articolo 123 del Trattato nella legislazione nazionale. Quando la BCN, nell’esercizio della propria discrezionalità, concede un prestito, deve assicurarsi di non assumere, di fatto, un compito proprio del governo[113]. In particolare, il sostegno, da parte della banca centrale, a sistemi di garanzia dei depositi non dovrebbe risolversi in un’operazione sistematica di finanziamento anticipato[114].
Funzione di agenzia finanziaria
L’articolo 21.2 dello Statuto dispone che “la BCE e le banche centrali nazionali possono operare come agenti finanziari” per istituzioni, organi o organismi dell’Unione, amministrazioni statali, enti regionali, locali o altri enti pubblici, altri organismi del settore pubblico o imprese pubbliche degli Stati membri. La finalità dell’articolo 21.2 dello Statuto è quella di chiarire che le BCN, a seguito del trasferimento della funzione di politica monetaria all’Eurosistema, possono continuare a svolgere il servizio di agente finanziario tradizionalmente fornito dalle banche centrali ai governi e ad altri enti pubblici, senza violare automaticamente il divieto di finanziamento monetario. Inoltre, il Regolamento (CE) n. 3603/93 individua un numero di esenzioni espresse e circoscritte rispetto al divieto di finanziamento monetario in relazione alla funzione di agenzia finanziaria: (a) è ammessa la concessione di crediti infragiornalieri al settore pubblico purché essi restino limitati alla giornata e non sia consentita alcuna proroga[115]; (b) è ammesso l’accredito sul conto del settore pubblico di assegni emessi da terzi prima del loro addebito alla banca trattaria, quando sia trascorso un intervallo di tempo prefissato corrispondente al termine normale di riscossione degli assegni da parte della BCN interessata, a condizione che l’eventuale saldo che ne derivi sia eccezionale, sia limitato a un importo modesto e si annulli entro breve termine[116]; (c) è ammessa la detenzione di monete metalliche emesse dal settore pubblico e accreditate sul suo conto, se l’importo di tale credito rimanga inferiore al 10 per cento delle monete metalliche in circolazione[117].
Una normativa nazionale relativa alla funzione di agenzia finanziaria dovrebbe essere compatibile con il diritto dell’UE, in generale, e con il divieto di finanziamento monetario, in particolare[118]. Tenuto conto dell’espresso riconoscimento, da parte dell’articolo 21.2 dello Statuto, dello svolgimento dei servizi di agenzia finanziaria, che è una funzione legittima tradizionalmente espletata dalle BCN, lo svolgimento dei servizi di agenzia finanziaria rispetta il divieto di finanziamento monetario, purché tali servizi non esulino dalla funzione di agenzia finanziaria e non costituiscano finanziamento, da parte della banca centrale, di obbligazioni del settore pubblico nei confronti di terzi o concessione di credito della banca centrale al settore pubblico, al di fuori delle limitate eccezioni previste dal Regolamento (CE) n. 3603/93[119]. Una normativa nazionale che permetta a una BCN di detenere depositi di amministrazioni pubbliche e prestare servizi relativi a conti di amministrazioni pubbliche non desta preoccupazioni dal punto di vista del rispetto del divieto di finanziamento monetario, purché tali disposizioni non consentano un estensione di credito, inclusi scoperti sul conto overnight. Tuttavia, dubbi sulla compatibilità con il divieto di finanziamento monetario possono sorgere, ad esempio, qualora la normativa nazionale consenta una remunerazione dei depositi o dei saldi di conto corrente in misura superiore ai tassi di mercato, anziché pari o inferiore. Una remunerazione superiore ai tassi di mercato costituisce un credito de facto, contrario al fine perseguito dal divieto di finanziamento monetario e potrebbe pertanto frustrarne le finalità. È essenziale che qualsiasi remunerazione di un conto rispecchi parametri di mercato ed è di particolare importanza che il tasso di remunerazione dei depositi sia correlato alla loro scadenza[120]. Inoltre, la prestazione da parte di una BCN di servizi di agenzia finanziaria senza remunerazione non desta preoccupazioni dal punto di vista del finanziamento monetario, purché si tratti di servizi fondamentali di agenzia finanziaria[121].
Divieto di accesso privilegiato
L’articolo 124 del Trattato vieta “qualsiasi misura, non basata su considerazioni prudenziali, che offra alle istituzioni, agli organi o agli organismi dell’Unione, alle amministrazioni statali, agli enti regionali, locali o altri enti pubblici, ad altri organismi di diritto pubblico o a imprese pubbliche degli Stati membri un accesso privilegiato alle istituzioni finanziarie”. Come il divieto di finanziamento monetario, il divieto di accesso privilegiato è volto a incoraggiare gli Stati membri a perseguire una sana politica di bilancio, impedendo che il finanziamento monetario dei disavanzi pubblici o l’accesso privilegiato delle autorità pubbliche ai mercati finanziari determini livelli di debito eccessivamente elevati oppure disavanzi eccessivi per gli Stati membri[122].
Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1 del Regolamento (CE) n. 3604/93 del Consiglio[123], si intende per accesso privilegiato qualsiasi disposizione legislativa o regolamentare o qualsiasi atto giuridico di natura vincolante adottato nell’esercizio della pubblica autorità: (a) che obblighi le istituzioni finanziarie ad acquisire o a detenere titoli di debito di istituzioni o organi della Comunità, di amministrazioni centrali, di autorità regionali o locali, di altre autorità pubbliche o di altri organismi o imprese pubbliche degli Stati membri oppure (b) che conceda vantaggi fiscali di cui beneficiano unicamente le istituzioni finanziarie, o vantaggi finanziari non conformi ai principi di un’economia di mercato, al fine di favorire l’acquisizione o la detenzione di tali titoli di debito da parte di dette istituzioni.
In quanto autorità pubbliche, le BCN non possono adottare misure che concedano al settore pubblico l’accesso privilegiato alle istituzioni finanziarie, se tali misure non siano fondate su considerazioni prudenziali. Inoltre, le norme relative alla mobilizzazione o alla costituzione in pegno di strumenti di debito adottate dalle BCN non devono servire ad aggirare il divieto di accesso privilegiato[124]. La normativa di settore degli Stati membri non può accordare tale accesso privilegiato.
L’articolo 2 del Regolamento (CE) n. 3604/93 definisce “considerazioni prudenziali” quelle su cui si basano disposizioni legislative o regolamentari o atti amministrativi nazionali emanati sulla base del diritto comunitario o in conformità con esso e che mirano a promuovere la solidità delle istituzioni finanziarie onde rafforzare la stabilità del sistema finanziario nel suo insieme e la tutela dei clienti di tali istituzioni. Le considerazioni prudenziali sono volte a garantire la solvibilità delle banche nei confronti dei risparmiatori[125]. Nel settore della vigilanza prudenziale, la legislazione secondaria dell’UE ha stabilito diversi requisiti per assicurare la solidità degli enti creditizi[126]. Un “ente creditizio” è stato definito come un ente la cui attività consiste nel ricevere dal pubblico depositi o altri fondi rimborsabili e nel concedere crediti per conto proprio[127]. Inoltre, gli enti creditizi, comunemente denominati “banche”, necessitano di un’autorizzazione rilasciata dall’autorità competente dello Stato membro per prestare i loro servizi[128].
Sebbene le riserve minime possano essere considerate ricomprese tra i requisiti prudenziali, esse rientrano nel quadro operativo di una BCN e sono utilizzate come uno strumento di politica monetaria nella maggior parte delle economie, compresa l’area dell’euro[129]. Al riguardo, il paragrafo 2 dell’allegato I all’Indirizzo BCE/2014/60[130] precisa che il regime di riserva obbligatoria dell’Eurosistema mira principalmente a stabilizzare i tassi di interesse del mercato monetario e a creare (o ampliare) un fabbisogno strutturale di liquidità[131]. La BCE impone agli enti creditizi stabiliti nell’area dell’euro di detenere riserve minime (in forma di depositi) in conti presso la rispettiva BCN[132].
Il presente rapporto concentra l’attenzione sulla compatibilità sia della normativa nazionale o delle norme adottate dalle BCN che degli statuti delle BCN con il divieto, previsto dal Trattato, di accesso privilegiato. Tuttavia, il presente rapporto non impedisce di valutare se le leggi, i regolamenti, le norme o gli atti amministrativi negli Stati membri siano utilizzati per aggirare il divieto di accesso privilegiato, adducendo considerazioni di natura prudenziale. Tale valutazione esula dalla portata del presente rapporto.
2.2.6 Ortografia comune dell’euro
L’articolo 3, paragrafo 4, del Trattato sull’Unione europea stabilisce che “l’Unione istituisce un’unione economica e monetaria la cui moneta è l’euro”. Nei testi dei trattati in tutte le lingue facenti fede che usano nella forma scritta l’alfabeto latino, l’euro è coerentemente identificato al nominativo singolare “euro”. Nell’alfabeto greco l’ortografia del termine euro è “ευρώ” e nell’alfabeto cirillico è “евро”[133]. Coerentemente, il Regolamento (CE) n. 974/98 del Consiglio, del 3 maggio 1998, sull’introduzione dell’euro[134] chiarisce che la denominazione della moneta unica deve essere la stessa in tutte le lingue ufficiali dell’Unione, tenendo conto dell’esistenza dei diversi alfabeti. I trattati richiedono così un’ortografia comune della parola “euro” nel caso nominativo singolare in tutte le disposizioni legislative dell’UE e nazionali, tenendo conto dell’esistenza di alfabeti diversi.
Alla luce della competenza esclusiva dell’UE nel determinare il nome della moneta unica, qualunque deviazione da tale regola è incompatibile con i trattati e dovrebbe essere eliminata[135]. Mentre tale principio si applica a tutti i tipi di legislazione nazionale, le valutazioni contenute nei capitoli relativi ai singoli paesi si concentrano sullo statuto delle BCN e sulla legislazione riguardante la transizione all’euro.
2.2.7 Integrazione giuridica delle BCN nell’Eurosistema
Dopo l’adozione dell’euro da parte dello Stato membro interessato, norme nazionali (in particolare lo statuto di una BCN, ma anche altre leggi) che impediscano l’espletamento dei compiti connessi all’Eurosistema o il rispetto delle decisioni della BCE sono incompatibili con l’efficace funzionamento dell’Eurosistema. Pertanto, la normativa nazionale, deve essere opportunamente adeguata al fine di garantirne la compatibilità con il Trattato e lo Statuto in relazione ai compiti connessi all’Eurosistema. Per ottemperare a quanto stabilito dall’articolo 131 del Trattato, è stato necessario adeguare la normativa nazionale in modo tale da assicurarne la compatibilità alla data di istituzione del SEBC (per ciò che attiene la Svezia) e al 1° maggio 2004, al 1° gennaio 2007 e al 1° luglio 2013 (per ciò che attiene gli Stati membri che hanno aderito all’UE in tali date). Cionondimeno, gli obblighi legali relativi alla piena integrazione giuridica di una BCN nell’Eurosistema devono essere rispettati solo a partire dal momento in cui l’integrazione diventa effettiva, vale a dire, al momento dell’adozione dell’euro da parte dello Stato membro con deroga.
In questo rapporto, particolare attenzione viene rivolta ai settori in cui le disposizioni statutarie possono impedire il rispetto da parte delle BCN degli obblighi imposti dall’Eurosistema. Può trattarsi, ad esempio, di disposizioni (a) che potrebbero impedire alla BCN di partecipare all’attuazione della politica monetaria definita dagli organi decisionali della BCE, oppure (b) che potrebbero ostacolare l’adempimento da parte di un governatore dei propri doveri di membro del Consiglio direttivo della BCE, o, ancora, (c) che non rispettano le prerogative della BCE, o (d) che non riconoscono che la competenza esclusiva per i compiti dei compiti del SEBC negli Stati membri la cui moneta è l’euro è irrevocabilmente attribuita all’Unione[136], oppure (e) ai sensi delle quali le BCN siano vincolate nell’assolvimento dei compiti del SEBC da decisioni delle autorità nazionali che siano in contrasto con atti giuridici della BCE. Si distinguono obiettivi di politica economica, compiti, disposizioni finanziarie, politica dei cambi e cooperazione internazionale. Infine, sono menzionate altre aree per le quali lo statuto delle BCN potrebbe richiedere modifiche.
Obiettivi di politica economica
La piena integrazione di una BCN nell’Eurosistema esige che i suoi obiettivi statutari siano compatibili con quelli del SEBC, enunciati all’articolo 2 dello Statuto. Fra le altre cose, ciò comporta la necessità di adeguare gli obiettivi statutari “di stampo nazionale”, quali ad esempio quelli che si riferiscono all’obbligo di condurre la politica monetaria nel quadro della politica economica generale dello Stato membro interessato. Inoltre, gli obiettivi secondari di una BCN devono essere coerenti e non interferire con l’obbligo di sostenere le politiche economiche generali nell’UE al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi dell’UE definiti all’articolo 3 del Trattato sull’Unione europea, che costituisce a sua volta un obiettivo, fatto salvo il mantenimento della stabilità dei prezzi[137].
Compiti
I compiti di una BCN di uno Stato membro la cui moneta è l’euro sono prevalentemente definiti dal Trattato e dallo Statuto, dal momento che la BCN stessa viene considerata come parte integrante dell’Eurosistema. Al fine di ottemperare a quanto disposto dall’articolo 131 del Trattato, quindi, le disposizioni statutarie relative ai compiti di una BNC devono essere confrontate con quelle corrispettive contenute nel Trattato e nello Statuto e ogni incompatibilità deve essere eliminata[138]. Ciò si applica a ogni disposizione che, dopo l’adozione dell’euro e l’integrazione nell’Eurosistema, ostacoli l’assolvimento dei compiti del SEBC e in particolare a quelle disposizioni che non tengono conto dei poteri conferiti al SEBC dal capo IV dello Statuto.
Tutte le disposizioni legislative relative alla politica monetaria devono riconoscere che la politica monetaria dell’Unione deve essere condotta attraverso l’Eurosistema[139]. Lo statuto di una BCN può contenere disposizioni su strumenti di politica monetaria. Tali disposizioni dovrebbero rispecchiare quelle contenute nel Trattato e nello Statuto e qualsiasi incompatibilità deve essere eliminata, per ottemperare a quanto disposto dall’articolo 131 del Trattato.
Il controllo sull’andamento della finanza pubblica è un compito che le BCN esercitano regolarmente al fine di valutare adeguatamente la posizione da assumere in materia di politica monetaria. Le BCN possono altresì esprimere il proprio parere in merito all’andamento della finanza pubblica alla luce dell’attività di controllo e in un’ottica di indipendenza al fine di contribuire al regolare funzionamento dell’Unione monetaria europea. Il controllo sull’andamento della finanza pubblica da parte di una BCN per fini di politica monetaria dovrebbe essere basata sul pieno accesso a tutti i dati rilevanti di finanza pubblica. Di conseguenza, alle BCN dovrebbe essere garantito accesso incondizionato, tempestivo e automatico a tutte le statistiche in materia di finanza pubblica. Tuttavia, il ruolo di una BCN dovrebbe limitarsi alle attività di controllo necessarie all’adempimento del suo mandato in materia di politica monetaria o ad esso direttamente o indirettamente connesse[140]. Il conferimento a una BCN di un mandato formale di verificare previsioni e andamento della finanza pubblica comporta l’attribuzione di funzioni, e relative responsabilità, in materia di politiche di bilancio suscettibili di porre a rischio l’adempimento del mandato in materia di politica monetaria conferito all’Eurosistema e l’indipendenza della BCN[141].
Nel contesto delle iniziative legislative nazionali dirette a far fronte alla crisi dei mercati finanziari, la BCE ha enfatizzato la necessità di evitare qualunque distorsione nei segmenti nazionali del mercato monetario dell’area dell’euro, in quanto ciò possa risultare pregiudizievole per l’attuazione della politica monetaria unica. Ciò vale, in particolare, per l’estensione delle garanzie statali a copertura dei depositi interbancari[142].
Gli Stati membri devono far sì che le misure legislative nazionali che fronteggiano i problemi di liquidità delle imprese o dei professionisti, ad esempio i loro debiti nei confronti delle istituzioni finanziarie, non abbiano ripercussioni negative sulla liquidità del mercato. In particolare, tali misure non possono essere incompatibili con il principio di un’economia di mercato aperto, sancito dall’articolo 3 del Trattato sull’Unione europea, in quanto ciò potrebbe impedire il flusso di crediti, influenzare significativamente la stabilità delle istituzioni finanziarie e dei mercati e, di conseguenza, incidere sullo svolgimento dei compiti dell’Eurosistema[143].
Normative nazionali che attribuiscano alle BCN il diritto esclusivo di emettere banconote devono riconoscere che, dopo l’adozione dell’euro, spetta al Consiglio direttivo della BCE il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote in euro, ai sensi dell’articolo 128, paragrafo 1, del Trattato e dell’articolo 16 dello Statuto, mentre il diritto esclusivo di emettere banconote in euro compete alla BCE e alle BCN. Disposizioni normative nazionali che legittimino interventi governativi su aspetti quali i tagli, la fabbricazione, il volume di emissione o il ritiro delle banconote in euro devono essere abrogate ovvero devono essere riconosciuti i poteri attribuiti alla BCE riguardo alle banconote in euro, ai sensi delle disposizioni del Trattato e dello Statuto. A prescindere dalla ripartizione delle competenze tra governi e BCN in relazione alle monete metalliche, dopo l’adozione dell’euro le disposizioni in materia devono riconoscere il potere della BCE di approvare il volume di conio delle monete metalliche. Uno Stato membro non può considerare la moneta in circolazione come un debito della propria BCN nei confronti del governo, in quanto ciò vanificherebbe il concetto stesso di moneta unica e sarebbe incompatibile con gli obblighi di integrazione giuridica dell’Eurosistema[144].
Per quanto attiene alla gestione delle riserve in valuta estera[145], gli Stati membri che hanno adottato l’euro e non trasferiscono le proprie riserve ufficiali[146] alle rispettive BCN violano le disposizioni del Trattato. Inoltre, qualunque diritto di terzi, ad esempio del governo o del parlamento, di influenzare le decisioni di una BCN sulla gestione delle riserve ufficiali non sarebbe coerente con il terzo trattino dell’articolo 127, paragrafo 2, del Trattato. Oltre a ciò, le BCN devono fornire alla BCE attività di riserva in valuta in misura proporzionale alla loro quota di partecipazione al capitale versato della BCE. Ciò significa che non devono sussistere impedimenti giuridici al trasferimento delle riserve in valuta dalle BCN alla BCE.
Con riferimento alle statistiche, sebbene i regolamenti in materia adottati ai sensi all’articolo 34.1 dello Statuto del SEBC non conferiscano alcun diritto né impongano alcun obbligo agli Stati membri che non hanno adottato l’euro, l’articolo 5 dello Statuto si applica a tutti gli Stati membri, indipendentemente dall’adozione dell’euro. Di conseguenza, gli Stati membri la cui moneta non è l’euro hanno l’obbligo di definire e attuare, a livello nazionale, tutte le misure ritenute idonee per la raccolta delle informazioni statistiche necessarie ai fini dell’adempimento degli obblighi di segnalazione statistica della BCE e della realizzazione tempestiva dei preparativi necessari, in ambito statistico, per entrare a far parte degli Stati membri la cui moneta è l’euro[147]. Una normativa nazionale che disciplini la cooperazione tra le BCN e gli istituti nazionali di statistica dovrebbe garantire l’indipendenza delle BCN nell’assolvimento dei compiti nel quadro statistico del SEBC[148].
Disposizioni in materia finanziaria
Le disposizioni in materia finanziaria nello Statuto comprendono norme in materia di conti finanziari[149], revisione dei conti[150], sottoscrizione del capitale[151], trasferimento di attività di riserva in valuta[152] e distribuzione del reddito monetario[153]. Le BCN devono essere in grado di ottemperare agli obblighi previsti in tali disposizioni e ogni disposizione nazionale non compatibile deve pertanto essere abrogata.
Politica dei cambi
Uno Stato membro con deroga può mantenere la normativa nazionale in base alla quale il governo è responsabile della politica dei cambi per tale paese, affidando alla BCN un ruolo consultivo e/o esecutivo. Tuttavia, nel momento in cui tale Stato membro adotta l’euro, tali disposizioni legislative devono rispecchiare il fatto che la responsabilità per la politica dei cambi dell’area dell’euro è stata trasferita a livello dell’UE conformemente agli articoli 138 e 219 del Trattato.
Cooperazione internazionale
Per adottare l’euro, la legislazione nazionale deve essere compatibile con l’articolo 6.1 dello Statuto, il quale stabilisce che nel campo della cooperazione internazionale concernente i compiti affidati all’Eurosistema, la BCE decide come il SEBC debba essere rappresentato. Una normativa nazionale che autorizzi la BCN a partecipare a istituzioni monetarie internazionali deve condizionare tale partecipazione all’approvazione della BCE (articolo 6.2 dello Statuto).
Altri settori
Oltre a quelli elencati, per alcuni Stati membri vi sono altri ambiti in cui può rendersi necessario un adeguamento delle normative nazionali (ad esempio in materia di sistemi di compensazione e di pagamento o di scambio di informazioni).
3 Stato della convergenza economica
Il presente capitolo, che fornisce un’analisi orizzontale, non tratta alcuni fattori rilevanti per la valutazione complessiva, i quali sono invece esaminati nei capitoli 4 e 5.
Per quanto riguarda il soddisfacimento dei criteri di convergenza, sono stati compiuti limitati progressi dalla pubblicazione del precedente rapporto della BCE nel 2018 (cfr. la tavola 3.1). In cinque dei sette paesi esaminati in questa sede l’inflazione misurata sullo IAPC si colloca al di sopra del valore di riferimento, mentre nel 2018 soltanto in due. Da maggio 2018 le medie sui dodici mesi dei differenziali di interesse a lungo termine rispetto all’area dell’euro hanno continuato a diminuire in tre dei sette paesi considerati e soltanto in un caso il livello osservato resta superiore al parametro, mentre nel 2018 erano due i paesi che registravano livelli più alti. Nessuno dei paesi partecipa ai nuovi Accordi europei di cambio (AEC II), ma due hanno espresso l’intenzione di richiedere l’adesione. Le valute di alcuni dei paesi analizzati hanno mostrato oscillazioni apprezzabili nei confronti dell’euro negli ultimi anni. Sono stati compiuti alcuni progressi nel riequilibrio dei conti pubblici nella maggior parte dei paesi, con una sensibile eccezione.
Tavola 3.1
Indicatori economici di convergenza
Per la maggior parte dei sette paesi esaminati in questa sede, le condizioni economiche sono rimaste sostanzialmente robuste fra la pubblicazione del precedente rapporto e l’inizio della crisi legata al coronavirus (COVID-19) nel primo trimestre del 2020. Malgrado il deterioramento del contesto esterno, soprattutto dal 2019, il vigore della domanda interna ha continuato a trainare l’attività economica nella maggioranza dei casi. La domanda interna è stata principalmente sorretta da una crescita sostenuta dell’occupazione e dei salari, nonché da politiche monetarie e di bilancio accomodanti in una serie di paesi. Nella maggior parte dei casi le condizioni del mercato del lavoro sono diventate sempre più tese. Sulle carenze di manodopera in alcuni paesi ha inciso anche la perdita di popolazione in età lavorativa dovuta all’emigrazione netta. Tutti i paesi hanno compiuto ulteriori progressi nella correzione degli squilibri esterni e nella riduzione della dipendenza dal finanziamento esterno. Ciò ha accresciuto la capacità di tenuta della maggior parte dei paesi analizzati. Persistono tuttavia vulnerabilità significative di varia natura, seppure in grado diverso a seconda dei casi. Se i paesi con un minore PIL pro capite non le affronteranno in modo adeguato, è probabile che tali vulnerabilità rallenteranno il loro processo di convergenza a lungo termine. Tuttavia, dall’inizio del 2020 il contesto economico ha subito un grave deterioramento riconducibile al diffondersi del COVID-19. L’attività economica ha rallentato marcatamente in tutti i paesi esaminati e in alcuni ha segnato persino una contrazione. Le autorità nazionali hanno assunto importanti misure di politica fiscale, macroprudenziale, monetaria e di vigilanza per porre rimedio ai danni economici causati dal COVID-19.
Per quanto concerne il criterio della stabilità dei prezzi, negli ultimi 12 mesi la media dei tassi di inflazione è risultata superiore al valore di riferimento dell’1,8 per cento in cinque dei sette paesi analizzati in questa sede (cfr. il grafico 3.1). I tassi di inflazione sono risultati ben al di sopra del parametro in Bulgaria, Polonia, Romania, Repubblica Ceca e Ungheria, mentre si sono collocati su un livello inferiore in Svezia e ampiamente inferiore in Croazia. A causa della pandemia di COVID-19, l’evoluzione di questi tassi nei prossimi mesi è circondata da un elevato livello di incertezza. Nel rapporto del 2018 la Repubblica Ceca e l’Ungheria erano gli unici paesi con un tasso di inflazione al di sopra del parametro, allora applicabile, dell’1,9 per cento.
Grafico 3.1
Inflazione misurata sullo IAPC
Alla data del presente rapporto un paese è oggetto di una procedura per i disavanzi eccessivi, mentre nessuno era sottoposto a tale procedura al momento della pubblicazione del precedente. Nondimeno, a seguito della pandemia di COVID-19, ci si attende un marcato deterioramento delle posizioni di bilancio in tutti i paesi nel 2020. Nel 2019 tutti i paesi esaminati tranne la Romania hanno evidenziato un disavanzo inferiore al valore di riferimento del 3 per cento. La Bulgaria, la Croazia, la Repubblica Ceca e la Svezia hanno registrato un avanzo nel medesimo anno. Rispetto al rapporto del 2018, in Romania il disavanzo ha registrato un netto deterioramento, aumentando dal 2,6 al 4,3 per cento del PIL fra il 2017 e il 2019 (cfr. il grafico 3.2) e ad aprile 2020 è stata aperta una procedura per i disavanzi eccessivi. Nel 2020, per effetto della pandemia di COVID-19, il rapporto disavanzo/PIL dovrebbe superare il parametro del 3 per cento in tutti i paesi ad eccezione della Bulgaria, secondo le previsioni economiche di primavera 2020 della Commissione europea. Nell’ipotesi convenzionale di invarianza delle politiche (assumendo che le misure di bilancio attuate per mitigare la crisi siano temporanee), dal 2021 il disavanzo complessivo dovrebbe ridursi sensibilmente in tutti i paesi considerati salvo che in Romania (scendendo al di sotto del valore di riferimento del 3 per cento in Bulgaria, Svezia e Croazia). Riguardo al criterio del debito, nel 2019 in Polonia il rapporto è risultato inferiore al 50 per cento del PIL, mentre nella Repubblica Ceca, in Romania e in Svezia si è collocato tra il 30 e il 40 per cento e in Bulgaria leggermente al di sopra del 20 per cento (cfr. il grafico 3.3). Come nel 2017, la Croazia e l’Ungheria sono gli unici paesi che hanno rilevato un rapporto fra debito pubblico e PIL superiore al parametro del 60 per cento nel 2019. In entrambi i casi ha seguito una traiettoria discendente fra il 2015 e il 2019, avvicinandosi al 60 per cento del PIL a un ritmo adeguato sino alla fine del 2019. Tuttavia, nel 2020 la pandemia di COVID-19 dovrebbe determinare un incremento del rapporto debito/PIL in tutti i paesi analizzati, sulla base delle previsioni economiche di primavera 2020 della Commissione europea.
Grafico 3.2
Avanzo (+) o disavanzo (-) delle amministrazioni pubbliche
Grafico 3.3
Debito lordo delle amministrazioni pubbliche
Quanto al criterio del tasso di cambio, nessuno dei paesi analizzati partecipa agli AEC II al momento della pubblicazione del presente rapporto, ma le autorità bulgare e croate hanno espresso l’intenzione di richiedere l’adesione. Nel luglio 2018 i ministri finanziari dei paesi dell’area dell’euro e la BCE insieme ai rappresentanti del ministro delle finanze danese e del governatore della Danmarks Nationalbank hanno accolto con favore l’intenzione delle autorità bulgare di porre in atto i presupposti necessari per poter partecipare con successo agli AEC II. Allo stesso modo, nel luglio 2019 i ministri finanziari dei paesi dell’area dell’euro e della Danimarca, la BCE e il rappresentante del governatore della Danmarks Nationalbank hanno accolto con favore l’intenzione delle autorità croate di porre in atto i presupposti necessari per poter partecipare con successo agli AEC II. A tale riguardo, la Bulgaria e la Croazia hanno entrambe assunto una serie di impegni concernenti politiche di particolare rilevanza per l’ordinata partecipazione agli AEC II. Per quanto riguarda gli andamenti dei tassi di cambio, nella maggioranza dei paesi analizzati si è osservata una volatilità relativamente elevata per gran parte del periodo di riferimento, fino a febbraio 2020. Fanno eccezione la moneta della Bulgaria, in regime di currency board nei confronti dell’euro, quella della Croazia, a fluttuazione rigidamente controllata, e in misura minore quella della Romania. Fino a febbraio 2020 il fiorino ungherese e, in grado inferiore, il leu romeno e la corona svedese si sono deprezzati nei confronti dell’euro, mentre lo zloty polacco è rimasto sostanzialmente invariato e la corona ceca si è apprezzata (cfr. il grafico 3.4). Da marzo 2020 in poi, a causa del diffondersi del coronavirus in Europa e del suo impatto sull’attività economica e sui mercati finanziari mondiali, il corso delle valute di tutti i paesi in esame, eccetto il lev bulgaro, ha subito significative spinte al ribasso.
Grafico 3.4
Tassi di cambio bilaterali rispetto all’euro
Sul fronte della convergenza dei tassi di interesse a lungo termine, soltanto uno dei sette paesi esaminati ha rilevato un livello superiore al valore di riferimento, pari al 2,9 per cento (cfr. il grafico 3.5). I tassi di interesse si sono collocati al di sopra del parametro in Romania, mentre i valori più bassi sono stati registrati per la Bulgaria e la Svezia. Rispetto al rapporto del 2018, i tassi erano superiori al valore di riferimento, allora applicabile, del 3,2 per cento in Polonia e Romania.
Grafico 3.5
Tassi di interesse a lungo termine
Nel valutare il soddisfacimento dei criteri di convergenza l’aspetto della sostenibilità è essenziale. La convergenza deve essere durevole e non transitoria. Il primo decennio dell’Unione economica e monetaria (UEM) ha mostrato come la debolezza delle variabili economiche fondamentali, un orientamento macroeconomico eccessivamente accomodante a livello nazionale e aspettative esageratamente ottimistiche circa la convergenza dei redditi reali pongano dei rischi non soltanto per i paesi interessati, ma anche per il buon funzionamento dell’area dell’euro nel suo insieme. Il soddisfacimento dei criteri numerici di convergenza in un dato momento non assicura, di per sé, un’inclusione organica nell’area dell’euro. I paesi che vi aderiscono devono pertanto dimostrare la sostenibilità dei rispettivi processi di convergenza, nonché la capacità di mantenere gli impegni permanenti insiti nell’adozione della moneta unica, tanto nel proprio interesse quanto in quello dell’area dell’euro.
Per realizzare una convergenza sostenibile, sono necessari aggiustamenti durevoli sul piano delle politiche in molti dei paesi considerati. Una convergenza sostenibile presuppone la stabilità macroeconomica e soprattutto la solidità della politica di bilancio. Un grado elevato di flessibilità nei mercati dei beni e servizi e del lavoro è essenziale per far fronte agli shock macroeconomici. Occorre che vi sia una cultura della stabilità, con aspettative di inflazione ben ancorate che contribuiscano a conseguire prezzi stabili. Condizioni favorevoli per un utilizzo efficiente di capitale e lavoro nell’economia sono necessarie per migliorare la produttività totale dei fattori e la crescita nel lungo periodo. Una convergenza sostenibile richiede anche istituzioni solide e un contesto favorevole alle imprese. Per conseguire una sincronizzazione dei cicli economici è necessario un alto grado di integrazione economica con l’area dell’euro. Inoltre, devono essere adottate le adeguate politiche macroprudenziali per scongiurare l’accumularsi di squilibri macroeconomici, quali incrementi eccessivi dei prezzi delle attività e cicli di forte espansione e contrazione del credito. È altresì indispensabile predisporre un quadro di riferimento adeguato per la vigilanza delle istituzioni finanziarie. È essenziale che i paesi sottoposti a un esame approfondito della Commissione europea affrontino gli squilibri presenti nelle rispettive economie. Infine, la solidità del quadro istituzionale costituisce un importante fattore dell’integrazione e della convergenza economica.
3.1 Criterio della stabilità dei prezzi
Per quanto concerne il criterio della stabilità dei prezzi, a marzo 2020 cinque dei sette paesi esaminati hanno registrato un tasso medio di inflazione sui dodici mesi superiore al valore di riferimento dell’1,8 per cento. Nell’area dell’euro l’inflazione è aumentata nel 2018, per poi registrare una significativa decelerazione nel 2019, principalmente riconducibile al calo dei prezzi dell’energia e al rallentamento dell’attività economica. Nella maggioranza dei paesi in esame l’inflazione ha invece continuato a crescere o è rimasta relativamente elevata, soprattutto per effetto di una vigorosa domanda interna. I tassi di inflazione sono quindi risultati ben al di sopra del parametro in Bulgaria, Polonia, Romania, Repubblica Ceca e Ungheria, mentre si sono collocati su un livello inferiore in Svezia e ampiamente inferiore in Croazia. All’inizio del 2020 l’inflazione si è ridotta in gran parte dei paesi in rassegna, seppur in diversa misura, soprattutto di riflesso al calo del prezzo del petrolio.
Negli ultimi dieci anni i paesi esaminati hanno evidenziato differenze significative per quanto riguarda sia la media dell’inflazione sia la sua variabilità. Nel corso di tale periodo Romania e Ungheria hanno registrato un tasso medio di inflazione misurato sullo IAPC ampiamente superiore al 2 per cento; nella Repubblica Ceca e in Polonia la media si è collocata più in prossimità dell’1,5 per cento, mentre in Bulgaria, Croazia e Svezia è risultata appena al di sopra dell’1,0 per cento. Durante questo periodo la dinamica dei prezzi è stata caratterizzata da una particolare variabilità in Bulgaria, Ungheria, Croazia, Polonia e Romania, paesi in cui l’inflazione ha oscillato entro un intervallo relativamente ampio. La Svezia ha fatto osservare la più bassa variabilità del tasso di inflazione. Malgrado alcuni progressi compiuti verso la convergenza nell’ultimo decennio, nella maggior parte dei paesi considerati i differenziali di inflazione si sono ampliati nel periodo di riferimento aprile 2019 - marzo 2020.
L’andamento dei prezzi a più lungo termine rispecchia una maggiore variabilità del contesto macroeconomico in molti paesi. Nel 2010, nella maggior parte dei paesi in esame, l’andamento dei prezzi è divenuto più eterogeneo, riflettendo in parte la diversa intensità della ripresa e le misure nazionali connesse ai prezzi amministrati in seguito alla brusca contrazione economica. Nel 2013 l’inflazione ha iniziato a mostrare una tendenza al ribasso in tutti i paesi considerati, raggiungendo tassi storicamente bassi e spesso persino negativi. Questa dinamica generalizzata ha rispecchiato principalmente l’evoluzione dei prezzi internazionali delle materie prime, le contenute pressioni dell’inflazione importata e il persistente margine di capacità produttiva inutilizzata in alcuni paesi. L’andamento delle quotazioni delle materie prime a livello mondiale ha esercitato un impatto particolarmente pronunciato sulle economie dell’Europa centrale e orientale, dato il peso relativamente consistente dell’energia e degli alimentari nel paniere dello IAPC. In alcuni dei paesi considerati anche le riduzioni dei prezzi amministrati e delle imposte indirette o l’apprezzamento del tasso di cambio effettivo nominale hanno esercitato spinte al ribasso sull’inflazione. In tale contesto, le condizioni di politica monetaria si sono allentate considerevolmente. Dal 2017 in avanti l’inflazione ha registrato un incremento significativo per effetto del rafforzamento dell’attività economica, trainato principalmente dalla solidità della domanda interna e dal rialzo dei prezzi dell’energia e delle materie prime. Nel 2019 e all’inizio del 2020, malgrado circostanze avverse esterne e la diminuzione dei prezzi dell’energia, l’inflazione si è mantenuta elevata nella maggior parte dei paesi considerati, per effetto del vigore della domanda interna, di condizioni sempre più tese nel mercato del lavoro e dei prezzi dei beni alimentari. Al tempo stesso le politiche monetarie e di bilancio sono rimaste accomodanti o molto accomodanti nella maggioranza dei paesi.
Nei prossimi anni l’inflazione si dovrebbe ridurre nella maggior parte dei paesi esaminati, pur restando relativamente elevata in alcuni. A fronte delle circostanze eccezionali presenti, le previsioni sono soggette a un livello di incertezza inconsueto. Nel più lungo termine, desta timori la sostenibilità della convergenza dell’inflazione in gran parte dei paesi analizzati. Sulla base delle previsioni economiche di primavera 2020 formulate dalla Commissione europea, l’inflazione registrerebbe perlopiù una diminuzione nell’orizzonte temporale considerato, tranne che in Polonia. Il contesto internazionale in particolare si è deteriorato ulteriormente nel 2020 a causa della pandemia di COVID-19. Una considerevole incertezza incombe sull’equilibrio fra pressioni al ribasso sull’inflazione connesse all’indebolimento della domanda e spinte al rialzo associate a interruzioni dell’offerta, specialmente sui prezzi dei beni alimentari, che hanno un peso significativo nel paniere dello IAPC di alcuni dei paesi analizzati. Nel 2020 le pressioni deflazionistiche dovrebbero inoltre essere accentuate dal brusco calo dei prezzi del petrolio. Tuttavia, l’inflazione si manterrebbe al di sopra dell’1,8 per cento nella Repubblica Ceca, in Ungheria, Polonia e Romania nell’orizzonte di previsione. I rischi per le prospettive di inflazione sono sostanzialmente bilanciati in tutti i paesi in rassegna, tranne che in Polonia, dove sono orientati al ribasso. I rischi al rialzo sono associati in prevalenza a una ripresa più rapida delle attese dalla recessione causata dalla pandemia di COVID-19, mentre una contrazione economica più prolungata rappresenta un significativo rischio al ribasso per le prospettive di inflazione. Su un orizzonte temporale più lungo, in molti dei paesi dell’Europa centrale e orientale, analizzati in questa sede, il processo di recupero del divario nello sviluppo economico determinerà probabilmente differenziali di inflazione positivi nei confronti dell’area dell’euro, poiché il PIL pro capite e il livello dei prezzi sono ancora significativamente inferiori rispetto all’area dell’euro, sempre che questa evoluzione non sia controbilanciata da un apprezzamento del tasso di cambio nominale in alcuni paesi.
Per creare un contesto favorevole alla stabilità dei prezzi su base sostenibile anche nei paesi in esame occorreranno politiche economiche orientate alla stabilità, riforme strutturali e misure volte a salvaguardare la stabilità finanziaria. Per conseguire o preservare un tale contesto sarà indispensabile l’attuazione di ulteriori riforme strutturali. In particolare, la dinamica salariale dovrebbe riflettere la crescita della produttività del lavoro, a livello di impresa, e le condizioni in questo mercato, nonché gli andamenti nei paesi concorrenti. È inoltre necessario continuare a impegnarsi sul fronte delle riforme per migliorare maggiormente il funzionamento dei mercati del lavoro e dei beni e servizi e per preservare condizioni propizie alla crescita dell’economia e dell’occupazione. A questo scopo, nei paesi dell’Europa centrale e orientale sono essenziali misure volte a promuovere il rafforzamento della governance e ulteriori miglioramenti della qualità delle istituzioni. Dato il limitato margine di manovra consentito alla politica monetaria dal tasso di cambio rigidamente controllato in Croazia e dal regime di currency board in Bulgaria, nonché in vista di un’ordinata transizione e partecipazione agli AEC II, è imperativo che le altre politiche sostengano la capacità di queste economie di preservare la stabilità dei prezzi, affrontare gli shock specifici del paese e prevenire l’accumularsi di squilibri macroeconomici. Le politiche di vigilanza e del settore finanziario dovrebbero mirare a tutelare in misura maggiore la stabilità finanziaria. Per sostenere ulteriormente la fiducia nel sistema finanziario, le autorità nazionali competenti dovrebbero continuare a migliorare le proprie prassi di vigilanza, anche dando seguito alle raccomandazioni applicabili degli organismi internazionali ed europei pertinenti e operando in stretta collaborazione con le autorità di vigilanza degli altri Stati membri dell’UE nell’ambito dei collegi delle autorità di vigilanza.
3.2 Criterio delle condizioni di finanza pubblica
Alla data del presente rapporto un paese è oggetto di una procedura per i disavanzi eccessivi, mentre nel 2018 nessuno dei paesi considerati era sottoposto a tale procedura. Dal 2018 in Romania il disavanzo appare in netto peggioramento, superando il valore di riferimento del 3 per cento del PIL nel 2019. Una procedura per i disavanzi eccessivi è stata avviata ad aprile 2020 con il termine del 2022 per la correzione dello squilibrio. Tutti gli altri paesi hanno registrato un avanzo o un rapporto fra disavanzo pubblico e PIL inferiore al valore di riferimento nel 2019. Hanno rilevato un disavanzo l’Ungheria (2,0 per cento del PIL) e la Polonia (0,7 per cento), mentre hanno mostrato un lieve avanzo la Repubblica Ceca (0,3 per cento), la Croazia (0,4 per cento) e la Svezia (0,5 per cento); l’avanzo della Bulgaria ha invece leggermente superato il 2,0 per cento.
Tra il 2017 e il 2019 il saldo di bilancio è peggiorato nella maggior parte dei paesi analizzati, fatta eccezione per la Bulgaria, l’Ungheria e la Polonia, in cui ha registrato un miglioramento. In Romania, Croazia, Repubblica Ceca e Svezia il deterioramento del saldo complessivo è principalmente riconducibile all’allentamento della politica di bilancio, in parte compensato da andamenti macroeconomici più favorevoli. In Polonia e Ungheria buone condizioni macroeconomiche hanno contribuito alla riduzione del rapporto fra disavanzo complessivo e PIL.
Per il 2020, a seguito della pandemia di COVID-19, la Commissione europea prevede che il rapporto disavanzo/PIL superi il valore di riferimento del 3 per cento in tutti i paesi ad eccezione della Bulgaria. Il brusco deterioramento del saldo di bilancio deriverebbe dalla forte contrazione dell’attività economica e dalle misure di finanza pubblica attuate per mitigare la crisi. Le previsioni indicano un peggioramento del saldo di circa 3 punti percentuali in Ungheria, circa 5 in Bulgaria e Romania, da 6 a 7 nella Repubblica Ceca e in Svezia, 7,5 in Croazia e circa 9 in Polonia.
Nel 2019 in Croazia e Ungheria il rapporto fra debito pubblico e PIL si è collocato al di sopra del 60 per cento, mentre negli altri paesi analizzati il livello del debito è stato inferiore o nettamente inferiore a questa soglia (cfr. la tavola 3.1 e il grafico 3.3). Tra il 2017 e il 2019 il rapporto debito pubblico/PIL è sceso in tutti i paesi esaminati, ad eccezione della Romania, dove si è praticamente stabilizzato. È diminuito di 6,6 punti percentuali in Ungheria, 5,7 in Svezia, 4,9 in Bulgaria, 4,7 in Polonia, 4,5 in Croazia e 3,9 nella Repubblica Ceca. Su un orizzonte temporale più lungo, tra il 2010 e il 2019 il rapporto debito/PIL si è ampliato fortemente in Croazia (di 15,4 punti percentuali) e in misura significativa in Romania (di 5,6) e Bulgaria (di 5,0), mentre negli altri casi si è ridotto.
Per il 2020, a seguito della pandemia di COVID-19, la Commissione europea prospetta un profilo ascendente del rapporto debito/PIL in tutti i paesi. Le previsioni della Commissione indicano inoltre che nel 2020 il debito rimarrà al di sotto o ben al di sotto del valore di riferimento del 60 per cento in tutti i paesi tranne Croazia e Ungheria.
In prospettiva, a prescindere dalle misure adottate per fronteggiare la pandemia di COVID-19, è essenziale che i paesi analizzati conseguano e/o preservino finanze pubbliche solide e sostenibili. La Romania, che nel 2019 ha superato la soglia fissata per il disavanzo, dovrebbe assicurare il rispetto delle regole del Patto di stabilità e crescita e correggere il disavanzo eccessivo entro il 2022. In aggiunta, i paesi il cui rapporto debito/PIL supera il valore di riferimento devono garantirne una riduzione sufficiente, in conformità con quanto disposto nel Patto, tenuto conto della pandemia di COVID-19. L’ulteriore riequilibrio dei conti pubblici renderebbe altresì più agevole affrontare i problemi di bilancio connessi agli andamenti demografici avversi e costituire i margini necessari per consentire agli stabilizzatori automatici di operare. Solidi assetti nazionali di finanza pubblica, che siano pienamente in linea con le regole dell’UE e vengano attuati con efficacia, dovrebbero favorire il risanamento dei conti e arginare gli sconfinamenti di spesa, contribuendo nel contempo a prevenire il riemergere di squilibri macroeconomici. Nell’insieme, le strategie di bilancio dovrebbero essere coerenti con riforme strutturali esaustive finalizzate all’incremento della crescita potenziale e dell’occupazione.
3.3 Criterio del tasso di cambio
Al momento della pubblicazione del presente rapporto nessuno dei paesi analizzati partecipa agli AEC II. I sette paesi hanno adottato diversi regimi di cambio. Tuttavia le autorità bulgare, a luglio 2018, e le autorità croate, a luglio 2019, hanno espresso l’intenzione di richiedere l’adesione agli AEC II e, nel tempo intercorso da allora, i relativi processi hanno registrato progressi significativi.
Nel periodo di riferimento la moneta bulgara è rimasta stabile a 1,95583 lev per euro nel quadro di un regime di currency board, che opera a fronte di un differenziale di interesse a breve termine perlopiù contenuto rispetto all’area dell’euro.
La kuna croata e il leu rumeno sono stati quotati nell’ambito di un regime di cambio a fluttuazione controllata, in diversi gradi, nei confronti dell’euro. Per la moneta croata ciò si è riflesso in una volatilità molto bassa e in un differenziale di interesse a breve termine contenuto nei confronti dell’area dell’euro. Il tasso di cambio del leu rumeno rispetto all’euro ha registrato una bassa volatilità e il differenziale di interesse a breve termine nei confronti dell’area è rimasto relativamente elevato per l’intero periodo considerato. Tuttavia, con l’emergere di tensioni nei mercati finanziari a seguito dell’acuirsi della pandemia di COVID-19 a marzo 2020, le due valute hanno subito spinte al ribasso.
Tutte le altre valute sono state quotate nell’ambito di regimi flessibili, mostrando per la maggior parte una volatilità elevata del cambio, soprattutto dopo l’emergere di tensioni nei mercati finanziari a seguito dell’intensificarsi della pandemia di COVID-19 a marzo 2020. Il differenziale di interesse a breve termine nei confronti dell’area dell’euro è stato esiguo in Svezia e Ungheria, ma relativamente ampio in Polonia e nella Repubblica Ceca. La Sveriges riksbank ha mantenuto con la BCE un accordo di swap, che ha contribuito a ridurre le vulnerabilità finanziarie e, pertanto, può avere influenzato l’andamento del cambio nel periodo in rassegna.
3.4 Criterio del tasso di interesse a lungo termine
Nel periodo in esame, compreso tra aprile 2019 e marzo 2020, un solo paese dei sette analizzati ha registrato un livello medio dei tassi di interesse a lungo termine superiore al valore di riferimento del 2,9 per cento. In Svezia il livello medio dei tassi di interesse a lungo termine è stato lievemente negativo, al -0,1 per cento, in Bulgaria allo 0,3 per cento, mentre nella Repubblica Ceca e in Croazia rispettivamente all’1,5 e allo 0,9 per cento. In Ungheria e in Polonia i tassi di interesse si sono stabilizzati su livelli inferiori al 2,5 per cento, mentre in Romania la media ha superato il valore di riferimento del 2,9 per cento, collocandosi al 4,4 per cento. Dopo l’emergere di tensioni nei mercati finanziari a causa dell’intensificarsi della pandemia di COVID-19 alla fine del periodo di riferimento nel marzo 2020, le banche centrali di Croazia, Ungheria, Polonia e Romania hanno annunciato, e in alcuni casi anche attuato, programmi di acquisto di titoli pubblici. La Svezia ha annunciato un incremento della dotazione finanziaria totale del proprio programma di acquisto di titoli di debito, che comprende anche titoli pubblici.
Dal Rapporto sulla convergenza del 2018 la dinamica dei differenziali di interesse a lungo termine rispetto alla media dell’area dell’euro è stata piuttosto eterogenea fra i paesi analizzati. Tale eterogeneità riflette le differenze relative sia alla posizione nel ciclo economico sia alla valutazione delle vulnerabilità esterne e interne dei diversi paesi, compresi gli andamenti di bilancio e le prospettive per una convergenza sostenibile. In uno dei sette paesi in rassegna, la Svezia, il differenziale di interesse è negativo, mentre in Bulgaria è pari a zero. La Svezia è un’economia moderna e sviluppata, dotata di un sistema finanziario già altamente integrato con l’area dell’euro, mentre in Bulgaria il sistema bancario è in mano soprattutto a enti creditizi ubicati nell’area e la banca centrale attua un regime di currency board, che di fatto trasmette le condizioni monetarie presenti nell’area dell’euro. In Croazia il risanamento dei conti pubblici che si è protratto negli ultimi anni ha contribuito a ridurre il differenziale di interesse nei confronti dell’area dell’euro a circa 80 punti base entro la fine del periodo di riferimento. Nella Repubblica Ceca, in Ungheria e in Polonia i differenziali si collocano fra 110 e 220 punti base, soprattutto per effetto di un’inflazione più elevata e di una crescita più rapida del PIL in termini reali. La Romania è l’unico paese che presenta un differenziale di interesse significativo. Alla fine del periodo di riferimento si aggirava intorno a 440 punti base, dopo essere aumentato per tre anni a seguito di squilibri sia interni che esterni.
3.5 Altri fattori rilevanti
Secondo la Commissione europea i paesi in esame hanno perlopiù conseguito progressi nel correggere, seppur in diversa misura, gli squilibri presenti nelle loro economie. L’esame approfondito della Commissione europea, i cui risultati sono stati pubblicati il 26 febbraio 2020, ha concluso che la Croazia, la Romania e la Svezia mostrano squilibri macroeconomici. La Bulgaria, invece, non è più considerata in una situazione di squilibrio macroeconomico. Per quanto concerne la Croazia, la Commissione ha riscontrato che gli squilibri sono connessi a elevati livelli di indebitamento pubblico, privato e verso l’estero. Questi squilibri di stock hanno iniziato a riassorbirsi con la ripresa economica. Per la Romania, la Commissione ha rilevato che persistono vulnerabilità connesse a perdite di competitività di costo e all’ampliamento del disavanzo di conto corrente a fronte di una politica di bilancio fortemente espansiva e che sono destinate ad aumentare se non si registrerà un’inversione delle attuali tendenze. Nel caso della Svezia, la Commissione ha osservato che, malgrado la recente correzione, i prezzi delle abitazioni permangono su livelli storicamente alti, mentre continua ad aumentare l’indebitamento delle famiglie. La Commissione ha classificato come privi di squilibri gli altri paesi analizzati, che tuttavia si trovano a dover affrontare varie sfide.
La posizione sull’estero della maggior parte dei paesi si è stabilizzata negli ultimi anni. Dal quadro di valutazione della procedura per gli squilibri macroeconomici (PSM) emerge che le medie a tre anni dei saldi del conto corrente hanno continuato a mostrare un avanzo nel 2018 e nel 2019 (cfr. la tavola 3.2) in quasi tutti i paesi analizzati, ad eccezione della Polonia, che ha registrato un modesto disavanzo, e della Romania, il cui disavanzo si è ulteriormente ampliato.
Malgrado un ridimensionamento, la posizione patrimoniale netta sull’estero, in percentuale del PIL, si è mantenuta su livelli negativi elevati in quasi tutti i paesi esaminati. Le passività nette sull’estero dei paesi dell’Europa centrale e orientale consistono soprattutto di investimenti diretti esteri, che sono ritenuti una forma più stabile di finanziamento. Nel 2019 la posizione patrimoniale netta sull’estero ha superato la soglia indicativa del -35 per cento del PIL in quattro dei sette paesi considerati. Le passività nette sull’estero più contenute sono state registrate dalla Repubblica Ceca (20,7 per cento del PIL), mentre la Svezia ha rilevato una posizione patrimoniale netta sull’estero positiva (20,9 per cento del PIL).
In termini di competitività di prezzo e di costo, tra il 2016 e il 2019 i tassi di cambio effettivi reali deflazionati con lo IAPC si sono apprezzati, in varia misura, nella maggior parte dei paesi esaminati, con l’unica eccezione della Svezia. Il tasso di crescita su tre anni del costo del lavoro per unità di prodotto, molto elevato negli anni antecedenti la crisi in quasi tutti i paesi, ha ripreso ad aumentare e in quattro dei sette paesi esaminati in questa sede ha superato, in alcuni casi in misura molto significativa, la soglia indicativa del 12 per cento. È stato particolarmente alto in Romania, dove nel 2019 ha raggiunto il 24,9 per cento. Nel quinquennio fra il 2015 e il 2019 le quote di mercato delle esportazioni sono aumentate in misura significativa, seppur rallentando nel corso del tempo, in tutti i paesi tranne che in Svezia.
I prezzi delle abitazioni hanno continuato a crescere in tutti i paesi considerati ad eccezione della Svezia. In tutti i paesi salvo Bulgaria e Svezia sono incrementati a un ritmo più elevato, prossimo o superiore alla soglia indicativa del 6 per cento. Mentre in Svezia è iniziata una correzione al ribasso dopo i forti incrementi degli anni precedenti, dovuti in parte a strozzature dal lato dell’offerta e a tassi di interesse storicamente bassi, nella Repubblica Ceca e soprattutto in Ungheria i prezzi delle abitazioni hanno continuato a registrare un aumento molto vigoroso superando la soglia indicativa, anche per effetto del basso livello dei tassi di interesse.
Tavola 3.2
Quadro di valutazione per la sorveglianza degli squilibri macroeconomici
Tavola 3.2b – Indicatori degli squilibri interni e della disoccupazione
Nel periodo relativamente lungo di espansione del credito antecedente la crisi, il settore privato non finanziario di alcuni dei paesi esaminati ha accumulato un debito elevato, ancorché in moderata diminuzione. Ciò continua a rappresentare una delle principali fonti di vulnerabilità in tali paesi, malgrado la moderazione della crescita del credito al settore privato, che non ha superato la soglia indicativa del 14 per cento in nessuno dei paesi in esame. Nel 2019 la Svezia ha tuttavia continuato a registrare consistenze particolarmente elevate di debito del settore privato, superiori al 200 per cento del PIL.
Nei paesi analizzati le politiche per il settore finanziario dovrebbero assicurare che tale comparto fornisca un valido contributo alla crescita economica e alla stabilità dei prezzi, mentre le politiche di vigilanza dovrebbero essere orientate a stabilizzarne il quadro di riferimento, aspetto che rappresenta uno dei presupposti per la partecipazione all’MVU. Per sostenere ulteriormente la fiducia nel sistema finanziario, le autorità nazionali competenti dovrebbero continuare a migliorare le proprie prassi di vigilanza, anche dando seguito alle raccomandazioni applicabili degli organismi internazionali ed europei pertinenti e operando in stretta collaborazione con le autorità di vigilanza degli altri Stati membri dell’UE nell’ambito dei collegi delle autorità di vigilanza.
In alcuni dei paesi esaminati il processo di aggiustamento dopo la crisi finanziaria ha determinato livelli relativamente elevati di disoccupazione, che tuttavia ha mostrato un andamento discendente in anni più recenti. Nel periodo considerato il tasso di disoccupazione è ulteriormente diminuito nella maggior parte dei paesi e in tutti rimane al di sotto della soglia indicativa del 10 per cento. La disoccupazione resta elevata in Croazia, malgrado un calo notevole, che è in parte riconducibile a una riduzione significativa della componente di lungo periodo e, in particolare, di quella giovanile. Ungheria, Repubblica Ceca e Polonia hanno invece registrato tassi di disoccupazione storicamente bassi e alcuni paesi devono affrontare in misura crescente carenze di manodopera in determinati segmenti del mercato del lavoro.
La solidità del quadro istituzionale costituisce un altro importante fattore nell’analisi della sostenibilità dell’integrazione e della convergenza economica. La bassa qualità delle istituzioni e una governance carente possono, ad esempio, riflettere debolezze del contesto economico, inefficienze della pubblica amministrazione, evasione fiscale, corruzione, mancanza di inclusione sociale, di trasparenza e di indipendenza del sistema giudiziario e/o uno scarso accesso ai servizi online. In vari paesi dell’Europa centrale e orientale, il miglioramento della qualità istituzionale contribuirebbe a eliminare le rigidità e gli ostacoli all’utilizzo e all’allocazione efficiente dei fattori di produzione, rafforzando pertanto la capacità di crescita a lungo termine. Contrastando la crescita del prodotto potenziale, un quadro istituzionale debole può anche minare la capacità di un paese di assicurare il servizio del debito e rendere più arduo il processo di aggiustamento economico. Inoltre, potrebbe influire sulla sua capacità di attuare le necessarie misure sul piano delle politiche.
Con l’eccezione della Svezia, la qualità delle istituzioni e della governance è relativamente carente in tutti i paesi esaminati, soprattutto in Bulgaria, Romania, Croazia e Ungheria. Questo aspetto può porre dei rischi per la capacità di tenuta dell’economia e la sostenibilità della convergenza. Specifici indicatori istituzionali confermano sostanzialmente un quadro generale caratterizzato dalla carente qualità delle istituzioni e della governance nella maggior parte dei paesi, anche se con qualche sensibile differenza (cfr. i grafici 3.6 e 3.7)[154]. Sotto questo punto di vista, Bulgaria, Romania, Croazia e Ungheria sono fra i paesi che devono affrontare le maggiori sfide nell’ambito dell’UE.
Grafico 3.6
Graduatoria degli Stati membri dell’UE in termini di qualità istituzionale
Grafico 3.7
Graduatoria degli Stati membri dell’UE in termini di qualità istituzionale per singolo indicatore
Nella maggior parte dei paesi analizzati sono necessarie riforme strutturali di ampio respiro per rafforzare la crescita economica e la competitività. Il miglioramento delle istituzioni, della governance e del contesto economico a livello nazionale, insieme a ulteriori progressi nella riforma e nella privatizzazione delle imprese statali e all’efficiente assorbimento dei fondi dell’UE, concorrerebbe a incrementare i guadagni di produttività. Ciò a sua volta contribuirebbe ad aumentare la concorrenza nei principali settori regolamentati (quali l’energia e i trasporti), abbassando le barriere all’ingresso e incoraggiando gli investimenti privati tanto necessari.
Infine, per favorire un agevole processo di convergenza, rivestono importanza essenziale anche le caratteristiche istituzionali relative alla qualità delle statistiche. Ciò si applica fra l’altro all’autorità statistica nazionale per quanto riguarda i seguenti aspetti: indipendenza giuridica, supervisione amministrativa e autonomia di bilancio, mandato giuridico per la rilevazione dei dati e norme sulla riservatezza delle statistiche (per maggiori informazioni cfr. il capitolo 6).
4 Sintesi per paese
4.1 Bulgaria
Nel marzo 2020 il tasso medio di inflazione sui dodici mesi misurato sullo IAPC si è collocato in Bulgaria al 2,6 per cento, ben al di sopra del valore di riferimento dell’1,8 per cento fissato per il criterio della stabilità dei prezzi. Tenuto conto della pandemia di coronavirus (COVID-19), l’evoluzione di questo tasso nei prossimi mesi è circondata da un elevato livello di incertezza. Le autorità nazionali hanno assunto importanti misure di politica macroprudenziale e di bilancio per porre rimedio ai danni economici causati dalla pandemia di COVID-19. Negli ultimi dieci anni il tasso di inflazione ha oscillato in un intervallo relativamente ampio, compreso fra il -1,7 e il 3,8 per cento; la media del periodo è stata contenuta, pari all’1,1 per cento. In prospettiva, desta timori la sostenibilità della convergenza dell’inflazione in Bulgaria a più lungo termine, anche alla luce del pronunciato incremento del costo unitario del lavoro, specialmente nel periodo 2017-2018. È probabile che il processo di recupero del divario nello sviluppo economico determini differenziali di inflazione positivi nei confronti dell’area dell’euro, poiché il PIL pro capite e il livello dei prezzi sono ancora significativamente inferiori in Bulgaria rispetto all’area. Per scongiurare l’accumularsi di eccessive pressioni sui prezzi e squilibri macroeconomici, tale processo va sostenuto con politiche adeguate.
Per il 2019 in Bulgaria il saldo di bilancio e il debito delle amministrazioni pubbliche sono risultati in linea con i parametri di Maastricht, ma per il 2020-2021 ci si attende un significativo deterioramento della situazione dei conti pubblici. Dal 2012 il paese è stato sottoposto al meccanismo preventivo del Patto di stabilità e crescita. Dal 2012 al 2019 ha soddisfatto ampiamente i due criteri del disavanzo (ad eccezione del 2014) e del debito. Tuttavia, per il 2020 la Commissione europea anticipa, nelle previsioni economiche di primavera 2020, un brusco deterioramento della situazione di finanza pubblica dovuto all’effetto congiunto del marcato peggioramento dell’attività economica e delle misure di bilancio attuate per mitigare la crisi. Il Debt Sustainability Monitor 2019 della Commissione, diffuso prima della pandemia di COVID-19, indicava che la Bulgaria era esposta a bassi rischi per la sostenibilità dei conti pubblici a medio e lungo termine. Prescindendo dalle misure adottate per fronteggiare la pandemia di COVID-19, per salvaguardare la solidità della finanze pubbliche in futuro restano essenziali politiche di bilancio prudenti e in grado di giovare alla crescita.
Nel periodo di riferimento di due anni (1° aprile 2018 - 31 marzo 2020) la Bulgaria non ha partecipato agli AEC II, ma la sua valuta è stata ancorata al tasso di 1,95583 lev per euro, nel quadro di un regime di currency board. Negli ultimi dieci anni il saldo complessivo del conto corrente e del conto capitale del paese ha registrato un miglioramento e le passività nette sull’estero hanno mostrato una marcata diminuzione. Il 29 giugno 2018 le autorità della Bulgaria hanno espresso l’intenzione di richiedere l’adesione agli AEC II. Il 12 luglio 2018 i ministri finanziari dei paesi dell’area dell’euro e la BCE insieme ai rappresentanti del ministro delle finanze della Danimarca e del governatore della Danmarks Nationalbank hanno accolto con favore l’intenzione delle autorità bulgare di porre in atto i presupposti necessari per poter partecipare con successo agli AEC II. La Bulgaria ha assunto una serie di impegni concernenti politiche particolarmente rilevanti per l’ordinata transizione e partecipazione agli AEC II. Tali impegni riguardano la vigilanza bancaria, altri ambiti del settore finanziario, la qualità istituzionale e la governance. La BCE e la Commissione europea verificano l’effettiva attuazione di tali impegni, agendo nelle rispettive aree di competenza in conformità ai trattati e alla legislazione secondaria.
Nel periodo in rassegna (aprile 2019 - marzo 2020) i tassi di interesse a lungo termine della Bulgaria si sono collocati in media allo 0,3 per cento, un livello ben inferiore al valore di riferimento del 2,9 per cento fissato per questo criterio di convergenza. In Bulgaria i tassi di interesse a lungo termine si sono ridotti dal 2010, registrando per la media sui dodici mesi un calo da oltre il 7 a meno dello 0,5 per cento.
La realizzazione di un contesto atto a favorire una convergenza sostenibile in Bulgaria richiede politiche economiche orientate alla stabilità e riforme strutturali di ampio respiro. Quanto agli squilibri macroeconomici, la Commissione europea non ha selezionato la Bulgaria per un esame approfondito nella sua relazione 2020 sul meccanismo di allerta. La sostenibilità della convergenza e la capacità di tenuta dell’economia trarrebbero beneficio da riforme strutturali di vasta portata volte a migliorare la capacità di tenuta strutturale, il contesto economico, la stabilità finanziaria, la qualità istituzionale e la governance. Per quanto concerne la vigilanza bancaria, il 18 luglio 2018 le autorità pertinenti della Bulgaria hanno presentato la richiesta di instaurare una cooperazione stretta con la BCE nell’ambito del Meccanismo di vigilanza unico, in vista della partecipazione agli AEC II. In base alla procedura applicabile, il 26 luglio 2019 la BCE ha pubblicato i risultati della valutazione approfondita di sei banche bulgare, nella quale si definivano le misure di follow-up, ossia un requisito per due banche, da attuare entro nove mesi dalla data di pubblicazione.
La legislazione bulgara non soddisfa tutti i requisiti concernenti l’indipendenza della banca centrale, il divieto di finanziamento monetario e l’integrazione nell’Eurosistema sul piano giuridico. La Bulgaria è uno Stato membro dell’UE con deroga ed è pertanto tenuta ad adempiere tutti gli obblighi di adeguamento legale previsti all’articolo 131 del Trattato.
4.2 Repubblica Ceca
Nel marzo 2020 il tasso medio di inflazione sui dodici mesi misurato sullo IAPC si è collocato nella Repubblica Ceca al 2,9 per cento, ben al di sopra del valore di riferimento dell’1,8 per cento fissato per il criterio della stabilità dei prezzi. Tenuto conto della pandemia di coronavirus (COVID-19), l’evoluzione di questo tasso nei prossimi mesi è circondata da un elevato livello di incertezza. Le autorità nazionali hanno assunto importanti misure di politica monetaria, macroprudenziale e di bilancio per porre rimedio ai danni economici causati dalla pandemia di COVID-19. Negli ultimi dieci anni il tasso di inflazione ha oscillato in un intervallo compreso fra lo 0,2 e il 3,6 per cento; la media complessiva del periodo è risultata moderata, pari all’1,6 per cento. In prospettiva, desta timori la sostenibilità della convergenza dell’inflazione nella Repubblica Ceca a più lungo termine. Il processo di recupero del divario nello sviluppo economico potrebbe determinare differenziali di inflazione positivi nei confronti dell’area dell’euro, poiché il PIL pro capite e il livello dei prezzi sono ancora significativamente inferiori nella Repubblica Ceca rispetto all’area, sempre che questa evoluzione non sia controbilanciata da un apprezzamento del tasso di cambio nominale. Per scongiurare l’accumularsi di eccessive pressioni sui prezzi e squilibri macroeconomici, tale processo va sostenuto con politiche adeguate.
Per il 2019 nella Repubblica Ceca il saldo di bilancio e il debito delle amministrazioni pubbliche sono risultati in linea con i parametri di Maastricht. Nondimeno, a seguito della pandemia di COVID-19, ci si attende un marcato deterioramento della posizione di bilancio nel 2020-2021. Dal 2014 il paese è stato sottoposto al meccanismo preventivo del Patto di stabilità e crescita. Nel periodo successivo fino al 2019 ha soddisfatto ampiamente i criteri del disavanzo e del debito. Tuttavia, la Commissione europea anticipa, nelle previsioni economiche di primavera 2020, un brusco deterioramento della situazione di finanza pubblica dovuto all’effetto congiunto del marcato peggioramento dell’attività economica e delle misure di bilancio attuate per mitigare la crisi. Il Debt Sustainability Monitor 2019 della Commissione, diffuso prima della pandemia di COVID-19, suggeriva che il rischio per i conti pubblici era basso a breve e medio termine, sebbene l’invecchiamento demografico comportasse rischi nel lungo periodo. Prescindendo dalle misure adottate per fronteggiare la pandemia di COVID-19, per salvaguardare la solidità della finanze pubbliche in futuro resta essenziale una politica di bilancio prudente.
Nel periodo di riferimento di due anni (1° aprile 2018 - 31 marzo 2020) la Repubblica Ceca non ha partecipato agli AEC II, ma ha mantenuto un regime di cambio flessibile. In seguito all’abbandono del tasso di cambio minimo nel 2017, la corona ceca ha mostrato un grado relativamente elevato di volatilità rispetto all’euro nel periodo di riferimento di due anni. Il 31 marzo 2020 il tasso di cambio corona/euro era pari a 27,312, un livello inferiore del 7,7 per cento rispetto alla media di aprile 2018. Negli ultimi dieci anni il saldo complessivo del conto corrente e del conto capitale del paese ha registrato un miglioramento, mentre le passività nette sull’estero hanno mostrato una diminuzione.
Nel periodo considerato (aprile 2019 - marzo 2020) i tassi di interesse a lungo termine della Repubblica Ceca si sono collocati in media all’1,5 per cento, restando al di sotto del valore di riferimento del 2,9 per cento fissato per questo criterio di convergenza. Nella Repubblica Ceca i tassi di interesse a lungo termine si sono ridotti dal 2010, registrando per la media sui dodici mesi un calo da quasi il 5 all’1,5 per cento.
La realizzazione di un contesto atto a favorire una convergenza sostenibile richiede la conduzione di politiche economiche orientate alla stabilità dei prezzi, ivi comprese riforme strutturali mirate ad assicurare la stabilità macroeconomica. Quanto agli squilibri macroeconomici, la Commissione europea non ha selezionato il paese per un esame approfondito nella sua relazione 2020 sul meccanismo di allerta. Nondimeno, per affrontare le debolezze strutturali che potrebbero ostacolare le prospettive di crescita è necessario accelerare le riforme strutturali mirate concernenti le politiche dei mercati del lavoro e dei beni e servizi, nonché il contesto economico. Per promuovere ulteriormente la fiducia nel sistema finanziario, le autorità nazionali competenti dovrebbero continuare a migliorare le proprie prassi di vigilanza, anche dando seguito alle raccomandazioni applicabili degli organismi internazionali ed europei pertinenti e operando in stretta collaborazione con le autorità nazionali di vigilanza di altri Stati membri dell’UE nell’ambito dei collegi delle autorità di vigilanza.
La legislazione ceca non soddisfa tutti i requisiti relativi all’indipendenza della banca centrale, al divieto di finanziamento monetario e all’integrazione nell’Eurosistema sul piano giuridico. La Repubblica Ceca è uno Stato membro dell’UE con deroga ed è pertanto tenuta ad adempiere tutti gli obblighi di adeguamento legale previsti all’articolo 131 del Trattato.
4.3 Croazia
Nel marzo 2020 il tasso medio di inflazione sui dodici mesi misurato sullo IAPC si è collocato in Croazia allo 0,9 per cento, ben al di sotto del valore di riferimento dell’1,8 per cento fissato per il criterio della stabilità dei prezzi. A causa della pandemia di coronavirus (COVID-19), l’evoluzione di questo tasso nei prossimi mesi è circondata da un elevato livello di incertezza. Le autorità nazionali hanno assunto importanti misure di politica monetaria e di bilancio per porre rimedio ai danni economici causati dalla pandemia di COVID-19. Negli ultimi dieci anni il tasso di inflazione ha oscillato in un intervallo relativamente ampio, compreso fra il -0,8 e il 4,0 per cento; la media del periodo è stata contenuta, pari all’1,2 per cento. In prospettiva, desta timori la sostenibilità della convergenza dell’inflazione in Croazia a più lungo termine. È probabile che il processo di recupero del divario nello sviluppo economico determini differenziali di inflazione positivi nei confronti dell’area dell’euro, poiché il PIL pro capite e il livello dei prezzi sono ancora significativamente inferiori in Croazia rispetto all’area. Per scongiurare l’accumularsi di eccessive pressioni sui prezzi e squilibri macroeconomici, tale processo va sostenuto con politiche adeguate.
Nel 2019 il saldo di bilancio delle amministrazioni pubbliche della Croazia è risultato in linea con il criterio di Maastricht, mentre il rapporto fra debito pubblico e PIL ha superato il valore di riferimento, sebbene sia diminuito fra il 2015 e il 2019. Nondimeno, a seguito della pandemia di COVID-19, ci si attende un sensibile deterioramento della posizione di bilancio e un marcato incremento del rapporto debito/PIL nel 2020-2021. Il paese è stato sottoposto al meccanismo correttivo del Patto di stabilità e crescita dal 2014; dal giugno 2017 non è più oggetto di una procedura per i disavanzi eccessivi. Nel periodo successivo fino al 2019 il criterio del disavanzo è stato ampiamente rispettato e il rapporto debito/PIL è diminuito. Tuttavia, per il 2020 la Commissione europea anticipa, nelle previsioni economiche di primavera 2020, un brusco deterioramento della situazione di finanza pubblica dovuto all’effetto congiunto del marcato peggioramento dell’attività economica e delle misure di bilancio attuate per mitigare la crisi. Il Debt Sustainability Monitor 2019 della Commissione, diffuso prima della pandemia di COVID-19, suggeriva che la Croazia era esposta a un basso rischio per la sostenibilità del debito a medio e lungo termine. Nel lungo periodo il paese appariva esposto a un rischio esiguo tenuto conto della prospettata riduzione della spesa connessa all’invecchiamento demografico; tuttavia, il marcato calo anticipato per il tasso di sostituzione (rapporto tra l’assegno pensionistico medio e la retribuzione media nell’economia) destava timori circa l’adeguatezza del sistema pensionistico. Prescindendo dalle misure adottate per fronteggiare la pandemia di COVID-19, una politica di bilancio prudente che migliori ulteriormente l’efficienza sia delle entrate sia della spesa dovrebbe ricondurre in modo durevole il rapporto debito pubblico/PIL su un percorso discendente.
Nel periodo di riferimento di due anni (1° aprile 2018 - 31 marzo 2020) la Croazia non ha partecipato agli AEC II, ma ha mantenuto un regime di cambio con fluttuazione rigidamente controllata. Il cambio della kuna croata rispetto all’euro ha mostrato, in media, un grado di volatilità molto basso nel periodo in esame. Il 31 marzo 2020 il tasso di cambio kuna/euro era pari a 7,6255, un livello inferiore del 2,8 per cento rispetto alla media di aprile 2018. Negli ultimi dieci anni il saldo complessivo del conto corrente e del conto capitale della Croazia è migliorato, mentre le passività nette sull’estero del paese si sono ridotte, pur restando molto elevate. Il 4 luglio 2019 le autorità croate hanno espresso l’intenzione di richiedere l’adesione agli AEC II e hanno annunciato un piano d’azione contenente i dettagli delle riforme che il paese si prefigge di attuare prima della partecipazione agli accordi. L’8 luglio 2019 i ministri finanziari dei paesi dell’area dell’euro e della Danimarca, la BCE e il rappresentante del governatore della Danmarks Nationalbank hanno accolto con favore l’intenzione delle autorità croate di porre in atto i presupposti necessari per poter partecipare con successo agli AEC II. La Croazia ha assunto una serie di impegni concernenti politiche particolarmente rilevanti per l’ordinata transizione e partecipazione agli AEC II. Oltre alla vigilanza bancaria, riguardano l’assetto macroprudenziale, il quadro di riferimento contro il riciclaggio di denaro, la raccolta, la produzione e la divulgazione di dati statistici, la governance del settore pubblico e la riduzione degli oneri finanziari e amministrativi. La BCE e la Commissione europea verificano l’efficace attuazione di tali impegni, agendo nelle rispettive aree di competenza in conformità ai trattati e alla legislazione secondaria.
Nel periodo considerato (aprile 2019 - marzo 2020) i tassi di interesse a lungo termine della Croazia si sono collocati in media allo 0,9 per cento, restando ben al di sotto del valore di riferimento del 2,9 per cento fissato per questo criterio di convergenza. In Croazia i tassi di interesse a lungo termine si sono ridotti dal 2010, registrando per la media sui dodici mesi un calo da poco meno del 7 per cento a intorno l’1,0 per cento.
La realizzazione di un contesto atto a favorire una convergenza sostenibile in Croazia richiede politiche economiche orientate alla stabilità e riforme strutturali di ampio respiro. Quanto agli squilibri macroeconomici, nella sua relazione 2020 sul meccanismo di allerta la Commissione europea ha selezionato la Croazia per un esame approfondito, in base al quale ha concluso che il paese presenta squilibri macroeconomici. La Croazia trarrebbe beneficio da riforme strutturali finalizzate a migliorare il contesto istituzionale ed economico, a promuovere la concorrenza nei mercati dei beni e servizi, a ridurre il disallineamento fra domanda e offerta nel mercato del lavoro e i vincoli dal lato dell’offerta di manodopera, nonché ad accrescere l’efficienza dell’amministrazione pubblica e del sistema giudiziario. Per quanto concerne la vigilanza bancaria, il 27 maggio 2019 le autorità pertinenti della Croazia hanno presentato la richiesta di instaurare una cooperazione stretta con la BCE nell’ambito del Meccanismo di vigilanza unico, in vista della partecipazione agli AEC II.
La legislazione croata non soddisfa tutti i requisiti relativi all’indipendenza della banca centrale. La Croazia è uno Stato membro dell’UE con deroga ed è pertanto tenuta ad adempiere tutti gli obblighi di adeguamento legale previsti all’articolo 131 del Trattato.
4.4 Ungheria
Nel marzo 2020 il tasso medio di inflazione sui dodici mesi misurato sullo IAPC si è collocato in Ungheria al 3,7 per cento, ben al di sopra del valore di riferimento dell’1,8 per cento fissato per il criterio della stabilità dei prezzi. Tenuto conto della pandemia di coronavirus (COVID-19), l’evoluzione di questo tasso nei prossimi mesi è circondata da un elevato livello di incertezza. Le autorità nazionali hanno assunto importanti misure di politica monetaria, macroprudenziale e di bilancio per porre rimedio ai danni economici causati dalla pandemia di COVID-19. Negli ultimi dieci anni il tasso di inflazione ha oscillato in un intervallo relativamente ampio, compreso fra il -0,3 e il 5,7 per cento; la media del periodo è stata elevata, pari al 2,5 per cento. In prospettiva, desta timori la sostenibilità della convergenza dell’inflazione in Ungheria nel più lungo termine. È probabile che il processo di recupero del divario nello sviluppo economico determini differenziali di inflazione positivi nei confronti dell’area dell’euro, poiché il PIL pro capite e il livello dei prezzi sono ancora significativamente inferiori in Ungheria rispetto all’area, sempre che questa evoluzione non sia controbilanciata da un apprezzamento del tasso di cambio nominale. Per scongiurare l’accumularsi di eccessive pressioni sui prezzi e squilibri macroeconomici, tale processo va sostenuto con politiche adeguate.
Nel 2019 il saldo di bilancio delle amministrazioni pubbliche dell’Ungheria è risultato in linea con il criterio di Maastricht, mentre il rapporto fra debito pubblico e PIL ha superato il valore di riferimento, sebbene sia diminuito fra il 2012 e il 2019. Nondimeno, a seguito della pandemia di COVID-19, ci si attende un sensibile deterioramento della posizione di bilancio e un significativo incremento del rapporto debito/PIL nel 2020-2021. Dal 2013 il paese è sottoposto al meccanismo preventivo del Patto di stabilità e crescita e dal 2018 a una procedura per scostamenti significativi. Per il 2020 la Commissione europea indica, nelle previsioni economiche di primavera 2020, un brusco deterioramento della situazione di finanza pubblica dovuto all’effetto congiunto del marcato peggioramento dell’attività economica e delle misure di bilancio attuate per mitigare la crisi. Il Debt Sustainability Monitor 2019 della Commissione, diffuso prima della pandemia di COVID-19, suggeriva per l’Ungheria un basso rischio di tensioni di bilancio nel breve e medio periodo, ma un rischio di media entità a lungo termine. L’invecchiamento demografico costituiva una sfida per la sostenibilità delle finanze pubbliche. Prescindendo dalle misure adottate per fronteggiare la pandemia di COVID-19, per salvaguardare la solidità dei conti pubblici in futuro resta essenziale una politica di bilancio prudente.
Nel periodo di riferimento di due anni (1° aprile 2018 - 31 marzo 2020) l’Ungheria non ha partecipato agli AEC II, ma ha mantenuto un regime di cambio flessibile. Il cambio del fiorino rispetto all’euro ha mostrato, in media, un grado di volatilità relativamente elevato nel periodo in esame. Il 31 marzo 2020 il tasso di cambio fiorino/euro era pari a 360,02, un livello inferiore del 15,5 per cento rispetto alla media di aprile 2018. Negli ultimi dieci anni il saldo del conto corrente e del conto capitale dell’Ungheria è risultato costantemente in avanzo. Ciò ha contribuito a una certa riduzione delle passività nette sull’estero del paese, che permangono tuttavia molto elevate.
Nel periodo considerato (aprile 2019 - marzo 2020) i tassi di interesse a lungo termine dell’Ungheria si sono collocati in media al 2,3 per cento, restando al di sotto del valore di riferimento del 2,9 per cento fissato per questo criterio di convergenza. In Ungheria i tassi di interesse a lungo termine mostrano un profilo discendente dal 2010, registrando per la media sui dodici mesi un calo dal 9 per cento a meno del 3 per cento.
La realizzazione di un contesto atto a favorire una convergenza sostenibile in Ungheria richiede politiche economiche orientate alla stabilità e riforme strutturali di ampio respiro. Quanto agli squilibri macroeconomici, la Commissione europea non ha selezionato l’Ungheria per un esame approfondito nella sua relazione 2020 sul meccanismo di allerta. Tuttavia, il paese trarrebbe beneficio da riforme strutturali finalizzate a migliorare la qualità dell’amministrazione e delle istituzioni pubbliche nonché dall’attuazione di adeguate politiche dei mercati dei beni e servizi e del lavoro. Per promuovere ulteriormente la fiducia nel sistema finanziario, le autorità nazionali competenti dovrebbero continuare a migliorare le proprie prassi di vigilanza, anche dando seguito alle raccomandazioni applicabili degli organismi internazionali ed europei pertinenti e operando in stretta collaborazione con le autorità nazionali di vigilanza di altri Stati membri dell’UE nell’ambito dei collegi delle autorità di vigilanza.
La legislazione ungherese non soddisfa tutti i requisiti concernenti l’indipendenza della banca centrale, il divieto di finanziamento monetario, l’ortografia comune dell’euro e l’integrazione nell’Eurosistema sul piano giuridico. L’Ungheria è uno Stato membro dell’UE con deroga ed è pertanto tenuta ad adempiere tutti gli obblighi di adeguamento legale previsti all’articolo 131 del Trattato.
4.5 Polonia
Nel marzo 2020 il tasso medio di inflazione sui dodici mesi misurato sullo IAPC si è collocato in Polonia al 2,8 per cento, ben al di sopra del valore di riferimento dell’1,8 per cento fissato per il criterio della stabilità dei prezzi. Tenuto conto della pandemia di coronavirus (COVID-19), l’evoluzione di questo tasso nei prossimi mesi è circondata da un elevato livello di incertezza. Le autorità nazionali hanno assunto importanti misure di politica monetaria, macroprudenziale e di bilancio per porre rimedio ai danni economici causati dalla pandemia di COVID-19. Negli ultimi dieci anni il tasso di inflazione ha oscillato in un intervallo relativamente ampio, compreso fra il -0,7 e il 4,1 per cento, mentre la media del periodo è risultata moderata, pari all’1,5 per cento. In prospettiva, desta timori la sostenibilità della convergenza dell’inflazione in Polonia nel più lungo termine. È probabile che il processo di recupero del divario nello sviluppo economico determini differenziali di inflazione positivi nei confronti dell’area dell’euro, poiché il PIL pro capite e il livello dei prezzi sono ancora significativamente inferiori in Polonia rispetto all’area, sempre che questa evoluzione non sia controbilanciata da un apprezzamento del tasso di cambio nominale. Per scongiurare l’accumularsi di eccessive pressioni sui prezzi e squilibri macroeconomici, tale processo va sostenuto con politiche adeguate.
Per il 2019 in Polonia il saldo di bilancio e il debito delle amministrazioni pubbliche sono risultati in linea con i parametri di Maastricht. Tuttavia, a seguito della pandemia di COVID-19, ci si attende un pronunciato deterioramento della posizione di bilancio e un marcato incremento del rapporto debito/PIL nel 2020-2021. Dal 2015 il paese è stato sottoposto al meccanismo preventivo del Patto di stabilità e crescita. Nel periodo successivo fino al 2019 il criterio del disavanzo è stato rispettato e il rapporto debito/PIL è diminuito. Per il 2020 la Commissione europea anticipa, nelle previsioni economiche di primavera 2020, un brusco deterioramento della situazione di finanza pubblica dovuto all’effetto congiunto del marcato peggioramento dell’attività economica e delle misure di bilancio attuate per mitigare la crisi. Il Debt Sustainability Monitor 2019 della Commissione, diffuso prima della pandemia di COVID-19, suggeriva che la Polonia era esposta a bassi rischi per la sostenibilità dei conti pubblici a medio e lungo termine. Nondimeno, era necessario assicurare l’adeguatezza del sistema pensionistico, evitando un calo notevole del tasso di sostituzione (rapporto tra l’assegno pensionistico medio e la retribuzione media nell’economia) nel medio e lungo periodo. Prescindendo dalle misure adottate per fronteggiare la pandemia di COVID-19, per salvaguardare la solidità delle finanze pubbliche in futuro resta essenziale una politica di bilancio prudente.
Nel periodo di riferimento di due anni (1° aprile 2018 - 31 marzo 2020) la Polonia non ha partecipato agli AEC II, ma ha mantenuto un regime di cambio flessibile. Il cambio dello zloty rispetto all’euro ha mostrato, in media, un grado di volatilità relativamente elevato nel periodo in esame. Il 31 marzo 2020 il tasso di cambio zloty/euro era pari a 4,5506, un livello inferiore dell’8,5 per cento rispetto alla media di aprile 2018. Negli ultimi dieci anni il saldo complessivo del conto corrente e del conto capitale della Polonia è migliorato, mentre le passività nette sull’estero del paese restano molto elevate, benché siano in diminuzione dal 2017 e rappresentino soprattutto passività nette per investimenti diretti.
Nel periodo in rassegna (aprile 2019 - marzo 2020) i tassi di interesse a lungo termine della Polonia si sono collocati in media al 2,2 per cento, un livello inferiore al valore di riferimento del 2,9 per cento fissato per questo criterio di convergenza. I tassi di interesse a lungo termine del paese si sono ridotti dal 2010, registrando per la media sui dodici mesi un calo da circa il 6 per cento a intorno il 2 per cento.
La realizzazione di un contesto atto a favorire una convergenza sostenibile in Polonia richiede politiche economiche orientate alla stabilità, misure volte a salvaguardare la stabilità finanziaria e riforme strutturali mirate. Quanto agli squilibri macroeconomici, la Commissione europea non ha selezionato la Polonia per un esame approfondito nella sua relazione 2020 sul meccanismo di allerta. È essenziale mantenere l’attuale solidità della situazione finanziaria del settore bancario per preservare la fiducia degli investitori esteri e assicurare che ne derivi un valido contributo alla crescita economica. Quest’ultima dovrebbe essere sostenuta da riforme strutturali ben mirate, al fine di ridurre gli attriti nei mercati del lavoro, accrescere la concorrenza nei mercati dei beni e servizi e accelerare l’innovazione, la privatizzazione e la modernizzazione delle infrastrutture. Per promuovere ulteriormente la fiducia nel sistema finanziario, le autorità nazionali competenti dovrebbero continuare a migliorare le proprie prassi di vigilanza, anche dando seguito alle raccomandazioni applicabili degli organismi internazionali ed europei pertinenti e operando in stretta collaborazione con le autorità nazionali di vigilanza di altri Stati membri dell’UE nell’ambito dei collegi delle autorità di vigilanza.
La legislazione polacca non soddisfa tutti i requisiti relativi all’indipendenza della banca centrale, alla riservatezza, al divieto di finanziamento monetario e all’integrazione nell’Eurosistema sul piano giuridico. La Polonia è uno Stato membro dell’UE con deroga ed è pertanto tenuta ad adempiere tutti gli obblighi di adeguamento legale previsti all’articolo 131 del Trattato.
4.6 Romania
Nel marzo 2020 il tasso medio di inflazione sui dodici mesi misurato sullo IAPC si è collocato in Romania al 3,7 per cento, ben al di sopra del valore di riferimento dell’1,8 per cento fissato per il criterio della stabilità dei prezzi. Tenuto conto della pandemia di coronavirus (COVID-19), l’evoluzione di questo tasso nei prossimi mesi è circondata da un elevato livello di incertezza. Le autorità nazionali hanno assunto importanti misure di politica monetaria, macroprudenziale e di bilancio per porre rimedio ai danni economici causati dalla pandemia di COVID-19. Negli ultimi dieci anni il tasso di inflazione ha oscillato in un intervallo relativamente ampio, compreso fra il -1,7 e il 7,8 per cento; la media del periodo è stata elevata, pari al 2,7 per cento. In prospettiva, desta seri timori la sostenibilità della convergenza dell’inflazione in Romania a più lungo termine. È probabile che il processo di recupero del divario nello sviluppo economico determini differenziali di inflazione positivi nei confronti dell’area dell’euro, poiché il PIL pro capite e il livello dei prezzi sono ancora significativamente inferiori in Romania rispetto all’area, sempre che questa evoluzione non sia controbilanciata da un apprezzamento del tasso di cambio nominale. Per scongiurare l’accumularsi di eccessive pressioni sui prezzi e squilibri macroeconomici, tale processo va sostenuto con politiche adeguate.
Il debito della Romania è risultato in linea con il parametro di Maastricht, mentre il disavanzo pubblico ha oltrepassato il valore di riferimento del 3 per cento nel 2019; nell’aprile 2020 è stata quindi avviata una procedura per i disavanzi eccessivi, nell’ambito della quale si richiedeva al paese di correggere il disavanzo eccessivo al più tardi entro il 2022. Da giugno 2017 il paese è oggetto di una procedura per scostamento significativo nel quadro del meccanismo preventivo del Patto di stabilità e crescita e da aprile 2020 è sottoposto alla procedura per i disavanzi eccessivi nell’ambito del meccanismo correttivo. Le autorità hanno ripetutamente omesso di intraprendere azioni efficaci al fine di porre rimedio allo scostamento significativo dal percorso di aggiustamento verso l’obiettivo di bilancio a medio termine; il saldo strutturale mostra uno scostamento significativo e di crescente entità dal 2016. Secondo le previsioni economiche di primavera 2020 della Commissione europea, il disavanzo di bilancio dovrebbe peggiorare marcatamente, con uno scostamento crescente rispetto al valore di riferimento del 3 per cento del PIL. Il brusco deterioramento del saldo complessivo e di quello strutturale di bilancio è dovuto al marcato peggioramento dell’attività economica e alle misure di finanza pubblica attuate per mitigare la crisi, nonché al significativo incremento delle pensioni di vecchiaia risultante dalla nuova legge in materia varata nell’estate 2019. Questi fattori determinano anche la tendenza al rialzo del rapporto debito pubblico/PIL. Il Debt Sustainability Monitor 2019 della Commissione, diffuso prima della pandemia di COVID-19, indicava rischi elevati per la sostenibilità del debito nel medio e lungo periodo, connessi in ampia misura al deterioramento della previsione relativa al saldo primario strutturale e all’aumento della spesa connessa all’invecchiamento demografico. Prescindendo dai provvedimenti adottati per fronteggiare la pandemia di COVID-19, per correggere la situazione di disavanzo eccessivo e salvaguardare la sostenibilità delle finanze pubbliche occorrono ulteriori riforme in questi settori e saranno necessarie misure significative di risanamento.
Nel periodo di riferimento di due anni (1° aprile 2018 - 31 marzo 2020) la Romania non ha partecipato agli AEC II, ma ha mantenuto un regime di cambio flessibile con fluttuazione controllata. Il cambio del leu rispetto all’euro ha mostrato, in media, un grado di volatilità contenuto nel periodo in esame. Il 31 marzo 2020 il tasso di cambio leu/euro era pari a 4,8283, un livello inferiore del 3,7 per cento rispetto alla media di aprile 2018. Negli ultimi dieci anni il saldo del conto corrente e del conto capitale della Romania è migliorato, mentre le passività nette sull’estero del paese si sono ridotte, pur restando elevate.
Nel periodo in rassegna (aprile 2019 - marzo 2020) i tassi di interesse a lungo termine della Romania si sono collocati in media al 4,4 per cento, un livello superiore al valore di riferimento del 2,9 per cento fissato per questo criterio di convergenza. In Romania i tassi di interesse a lungo termine si sono ridotti dal 2010, registrando per la media sui dodici mesi un calo da poco meno del 10 per cento a intorno il 4,5 per cento.
La realizzazione di un contesto atto a favorire una convergenza sostenibile in Romania richiede politiche economiche orientate alla stabilità e riforme strutturali di ampio respiro. Quanto agli squilibri macroeconomici, la Commissione europea ha selezionato la Romania per un esame approfondito nella sua relazione 2020 sul meccanismo di allerta, da condurre agli inizi del 2020. Vi è un margine considerevole per l’attuazione di misure, necessarie, finalizzate a migliorare il contesto istituzionale ed economico, stimolare gli investimenti e la concorrenza nei mercati dei beni e servizi, ridurre i notevoli disallineamenti e le carenze sul piano delle competenze, incrementare il tasso di attività delle forze di lavoro per diminuire le tensioni su tale mercato, nonché migliorare sia la qualità sia l’efficienza dell’amministrazione pubblica e del sistema giudiziario, in particolare dopo i regressi osservati in ambiti rilevanti quali la lotta alla corruzione. Inoltre, il paese si dovrebbe impegnare in maniera significativa per accrescere l’assorbimento dei fondi dell’UE. Per promuovere ulteriormente la fiducia nel sistema finanziario, le autorità nazionali competenti dovrebbero continuare a migliorare le proprie prassi di vigilanza, anche dando seguito alle raccomandazioni applicabili degli organismi internazionali ed europei pertinenti e operando in stretta collaborazione con le autorità nazionali di vigilanza di altri Stati membri dell’UE nell’ambito dei collegi delle autorità di vigilanza.
La legislazione rumena non soddisfa tutti i requisiti relativi all’indipendenza della banca centrale, al divieto di finanziamento monetario e all’integrazione nell’Eurosistema sul piano giuridico. La Romania è uno Stato membro dell’UE con deroga ed è pertanto tenuta ad adempiere tutti gli obblighi di adeguamento legale previsti all’articolo 131 del Trattato.
4.7 Svezia
Nel marzo 2020 il tasso medio di inflazione sui dodici mesi misurato sullo IAPC si è collocato in Svezia all’1,6 per cento, al di sotto del valore di riferimento dell’1,8 per cento fissato per il criterio della stabilità dei prezzi. Tenuto conto della pandemia di coronavirus (COVID-19), l’evoluzione di questo tasso nei prossimi mesi è circondata da un elevato livello di incertezza. Le autorità nazionali hanno assunto importanti misure di politica monetaria, macroprudenziale e di bilancio per porre rimedio ai danni economici causati dalla pandemia di COVID-19. Negli ultimi dieci anni il tasso di inflazione ha oscillato in un intervallo relativamente ristretto, compreso fra lo 0,2 e il 2,1 per cento; la media del periodo è stata contenuta, pari all’1,2 per cento. Il PIL pro capite della Svezia supera già il livello dell’area dell’euro. In prospettiva, la politica monetaria e l’assetto istituzionale orientato alla stabilità dovrebbero continuare a sostenere il raggiungimento della stabilità dei prezzi nel paese.
Per il 2019 in Svezia il saldo di bilancio e il debito delle amministrazioni pubbliche sono risultati in linea con i parametri di Maastricht, ma ci si attende un sensibile deterioramento nel 2020 dovuto alla pandemia di COVID-19. Fra il 1998 e il 2019 il paese non è stato oggetto di una procedura per i disavanzi eccessivi. Secondo le previsioni economiche di primavera 2020 della Commissione europea, la Svezia dovrebbe registrare un marcato peggioramento del saldo di bilancio, con un disavanzo del 5,6 per cento del PIL ascrivibile agli effetti macroeconomici della pandemia di COVID-19 e alle misure di politica fiscale connesse. Il saldo tornerebbe al di sotto del valore di riferimento del 3 per cento nel 2021. Anche il rapporto debito pubblico/PIL dovrebbe far osservare un pronunciato incremento, pur restando su un livello inferiore al parametro del 60 per cento. Il Debt Sustainability Monitor 2019 della Commissione, diffuso prima della pandemia di COVID-19, suggeriva che la Svezia era esposta a bassi rischi a medio e lungo termine, grazie al livello del debito tuttora contenuto. Prescindendo dalle misure adottate per fronteggiare la pandemia di COVID-19, la continua adesione all’obiettivo di medio termine nei prossimi anni assicurerebbe un ulteriore miglioramento della situazione già solida delle finanze pubbliche.
Nel periodo di riferimento di due anni (1° aprile 2018 - 31 marzo 2020) la Svezia non ha partecipato agli AEC II, ma ha operato un regime di cambio flessibile. Il cambio della corona rispetto all’euro ha mostrato, in media, un grado di volatilità relativamente elevato nel periodo in esame, seguendo nel complesso una tendenza discendente. Il 31 marzo 2020 il tasso di cambio corona/euro era pari a 11,0613, un livello inferiore del 6,6 per cento rispetto alla media di aprile 2018. Negli ultimi dieci anni la Svezia ha registrato ampi avanzi di conto corrente e dal 2015 presenta una posizione patrimoniale netta sull’estero positiva.
Nel periodo considerato (aprile 2019 - marzo 2020) i tassi di interesse a lungo termine della Svezia si sono collocati in media al -0,1 per cento, restando ben al di sotto del valore di riferimento del 2,9 per cento fissato per questo criterio di convergenza. In Svezia i tassi di interesse a lungo termine si sono ridotti dal 2010, registrando per la media sui dodici mesi un calo da oltre il 3 a circa lo 0 per cento.
Preservare un contesto atto a favorire una convergenza sostenibile in Svezia richiede la continuazione delle politiche economiche orientate alla stabilità, riforme strutturali mirate e misure volte a salvaguardare la stabilità finanziaria. Nella sua relazione 2020 sul meccanismo di allerta, la Commissione europea ha concluso che il paese presenta ancora squilibri macroeconomici. In tale contesto, sono necessari ulteriori interventi per fronteggiare i rischi per la stabilità macroeconomica derivanti dal livello storicamente elevato dei prezzi delle abitazioni e dal connesso fenomeno di alto indebitamento delle famiglie. Per promuovere ulteriormente la fiducia nel sistema finanziario, le autorità nazionali competenti dovrebbero continuare a migliorare le proprie prassi di vigilanza, anche dando seguito alle raccomandazioni applicabili degli organismi internazionali ed europei pertinenti e operando in stretta collaborazione con le autorità nazionali di vigilanza di altri Stati membri dell’UE nell’ambito dei collegi delle autorità di vigilanza.
La legislazione svedese non soddisfa tutti i requisiti relativi all’indipendenza della banca centrale, al divieto di finanziamento monetario e all’integrazione nell’Eurosistema sul piano giuridico. La Svezia è uno Stato membro dell’UE con deroga ed è pertanto tenuta ad adempiere tutti gli obblighi di adeguamento legale previsti all’articolo 131 del Trattato. Ai sensi del Trattato, il paese ha l’obbligo fin dal 1° giugno 1998 di adottare disposizioni normative nazionali in vista dell’integrazione nell’Eurosistema. Le autorità svedesi non hanno ancora varato alcun provvedimento legislativo volto a sanare le incompatibilità descritte nel presente rapporto e in quelli pubblicati in precedenza.
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I dati contenuti nel presente rapporto sono aggiornati al 7 maggio 2020.
Una definizione di termini e sigle è reperibile nella sezione ECB glossary (soltanto in inglese).
HTML ISBN 978-92-899-4315-4, ISSN 1725-9541, doi:10.2866/71740, QB-AD-20-001-IT-Q
Segni convenzionali utilizzati nelle tavole
“-” dati inesistenti / non applicabili
“.” dati non ancora disponibili
- Quando fu concluso il Trattato di Maastricht, nel 1992, alla Danimarca fu concessa una clausola di esenzione, in base alla quale non è tenuta a partecipare alla Terza fase dell’UEM e quindi a introdurre l’euro.
- Salvo diversa indicazione, nel presente rapporto con il termine “Trattato” si intende il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea; i riferimenti agli articoli riflettono la numerazione vigente dal 1° dicembre 2009. Salvo diversa indicazione, in questo rapporto il termine “trattati” è usato per designare sia il Trattato sull’Unione europea sia il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Cfr. anche le voci “Treaty” e “Treaties” nel glossario pubblicato sul sito Internet della BCE (disponibile soltanto in inglese).
- Data in cui la BCE ha assunto i compiti assegnati dal Regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio, del 15 ottobre 2013, che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi (articolo 33, paragrafo 2).
- Cfr. il considerando 10 del Regolamento BCE/2014/17, del 16 aprile 2014, che istituisce il quadro di cooperazione nell’ambito del Meccanismo di vigilanza unico tra la Banca centrale europea e le autorità nazionali competenti e con le autorità nazionali designate (regolamento quadro sull’MVU).
- Tenuto conto delle circostanze eccezionali e del livello di incertezza elevato, le previsioni della Commissione europea dovrebbero essere considerate come uno fra i diversi possibili scenari.
- Regolamento (CE) n. 1467/97 del Consiglio, del 7 luglio 1997, per l’accelerazione e il chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi (GU L 209 del 2.8.1997, pag. 6).
- Regolamento (UE) n. 1177/2011 del Consiglio, dell’8 novembre 2011, che modifica il Regolamento (CE) n. 1467/97 per l’accelerazione e il chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi (GU L 306 del 23.11.2011, pag. 33).
- Il TSCG si applica anche agli Stati membri dell’UE con deroga da cui è stato ratificato dalla data in cui la decisione di abrogazione della deroga ha effetto oppure da una data precedente, qualora lo Stato membro interessato manifesti l’intenzione di essere vincolato alle disposizioni del TSCG, integralmente o parzialmente, a partire da tale data precedente.
- Regolamento (CE) n. 1466/97 del Consiglio, del 7 luglio 1997, per il rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche (GU L 209 del 2.8.1997, pag. 1).
- Direttiva 2011/85/UE del Consiglio, dell’8 novembre 2011, relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri (GU L 306 del 23.11.2011, pag. 41).
- Cfr. il considerando 2 del Regolamento (UE) n. 1176/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2011, sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici (GU L 306 del 23.11.2011, pag. 25).
- Cfr. l’articolo 4, paragrafo 4, del Regolamento (UE) n. 1176/2011.
- Cfr. il considerando 17 del Regolamento (UE) n. 1176/2011.
- Pareri CON/2010/37 e CON/2010/91.
- Decisione del Consiglio 98/317/CE, del 3 maggio 1998, in conformità all’articolo 109 J, paragrafo 4, del Trattato (GU L dell’11.5.1998, pag. 30). Nota: il titolo della decisione 98/317/CE si riferisce al Trattato che istituisce la Comunità europea (prima della rinumerazione degli articoli di tale trattato, in conformità dell’articolo 12 del Trattato di Amsterdam); tale disposizione è stata abrogata dal Trattato di Lisbona.
- Atto contenente le condizioni di adesione della Repubblica Ceca, della Repubblica di Estonia, della Repubblica di Cipro, della Repubblica di Lettonia, della Repubblica di Lituania, della Repubblica di Ungheria, della Repubblica di Malta, della Repubblica di Polonia, della Repubblica di Slovenia e della Repubblica slovacca e le modifiche ai trattati sui quali si fonda l’Unione europea (GU L 236 del 23.9.2003, pag. 33).
- Per la Bulgaria e la Romania cfr. l’articolo 5 dell’Atto contenente le condizioni di adesione della Repubblica di Bulgaria e della Romania e le modifiche ai trattati sui quali si fonda l’Unione europea (GU L 157 del 21.6.2005, pag. 203). Per la Croazia cfr. l’articolo 5 dell’Atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica di Croazia e agli adattamenti del Trattato sull’Unione europea, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea e del Trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica (GU L 112 del 24.4.2012, pag. 21).
- Articolo 127, paragrafo 1, dell’accordo di recesso. Cfr. anche l’articolo 127, paragrafi 3 e 6, e l’articolo 7, paragrafo 1, dell’accordo di recesso. In virtù dell’articolo 128, paragrafo 4, dell’accordo di recesso, ai fini della partecipazione alle disposizioni istituzionali stabilite agli articoli 282 e 283 del Trattato e nello Statuto (tranne il suo articolo 21, paragrafo 2), durante il periodo di transizione la Bank of England non è considerata banca centrale di uno Stato membro.
- In particolare i rapporti sulla convergenza della BCE del maggio 2018 (relativo a Bulgaria, Repubblica Ceca, Croazia, Ungheria, Polonia, Romania e Svezia), del giugno 2016 (relativo a Bulgaria, Repubblica Ceca, Croazia, Lituania, Ungheria, Polonia, Romania e Svezia), del giugno 2014 (relativo a Bulgaria, Repubblica Ceca, Croazia, Lituania, Ungheria, Polonia, Romania e Svezia), del giugno 2013 (relativo alla Lituania), del maggio 2012 (relativo a Bulgaria, Repubblica Ceca, Lettonia, Lituania, Ungheria, Polonia, Romania e Svezia), del maggio 2010 (relativo a Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Ungheria, Polonia, Romania e Svezia), del maggio 2008 (relativo a Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Ungheria, Polonia, Romania, Slovacchia e Svezia), del maggio 2007 (relativo a Cipro e Malta), del dicembre 2006 (relativo a Repubblica Ceca, Estonia, Cipro, Lettonia, Ungheria, Malta, Polonia, Slovacchia e Svezia), del maggio 2006 (relativo a Lituania e Slovenia), dell’ottobre 2004 (relativo a Repubblica Ceca, Estonia, Cipro, Lettonia, Lituania, Ungheria, Malta, Polonia, Slovenia, Slovacchia e Svezia), del maggio 2002 (relativo alla Svezia) e dell’aprile 2000 (relativo a Grecia e Svezia) e in quello prodotto dall’IME nel marzo 1998.
- Cfr. tra le altre, Commissione delle Comunità europee/Repubblica francese, C-265/95, EU:C:1997:595.
- GU L 189 del 3.7.1998, pag. 42.
- Ciò si applica altresì al regime di riservatezza del SEBC; cfr. la sezione 2.2.4 del presente Rapporto sulla convergenza.
- Parere CON/2011/104.
- Cfr. il parere CON/2019/15 e Commissione/Banca centrale europea, C-11/00, EU:C:2003:395, punti 134-136.
- Parere CON/2019/23.
- Pareri CON/2011/104 e CON/2017/34.
- Parere CON/2010/31.
- Parere CON/2009/93.
- Parere CON/2010/94.
- Parere CON/2016/33.
- Pareri CON/2014/25 e CON/2015/57.
- Parere CON/2018/17.
- Cfr. Rimšēvičs/Lettonia, C-202/18, EU:T:2019:139, paragrafo 76.
- Cfr. Rimšēvičs/Lettonia, C-202/18, EU:T:2019:139, paragrafo 52, e il parere CON/2011/9.
- Cfr., ad esempio, i pareri CON/2010/56, CON/2010/80, CON/2011/104 e CON/2011/106.
- Parere CON/2018/23.
- Parere CON/2012/89.
- Pareri CON/2018/17, CON/2019/19 e CON/2019/36.
- Parere CON/2018/53.
- Cfr. il parere CON/2019/36 e le Conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Rimšēvičs/Lettonia, C-202/18, EU:T:2019:139, paragrafo 77.
- Cfr. Rimšēvičs/Lettonia, C-202/18, EU:T:2019:139, punto 96.
- Pareri CON/2004/35, CON/2005/26, CON/2006/32, CON/2006/44, CON/2007/6, CON/2019/19 e CON/2019/24.
- Parere CON/2018/23.
- Pareri CON/2014/24, CON/2014/27, CON/2014/56 e CON/2017/17.
- L’articolo 30.4 dello Statuto si applica solo all’interno dell’Eurosistema.
- L’articolo 33.2 dello Statuto si applica solo all’interno dell’Eurosistema.
- Parere CON/2016/55.
- Parere CON/2018/17.
- GU L 115 del 16.5.2000, pag. 1.
- Decisione BCE/2010/26, del 13 dicembre 2010, relativa all’aumento di capitale della BCE (GU L 11 del 15.1.2011, pag. 53).
- I pareri della BCE più significativi al riguardo sono: Pareri CON/2002/16, CON/2003/22, CON/2003/27, CON/2004/1, CON/2006/38, CON/2006/47, CON/2007/8, CON/2008/13, CON/2008/68 e CON/2009/32.
- Parere CON/2019/12.
- Parere CON/2019/19.
- Per le attività dei revisori esterni indipendenti delle BCN cfr. l’articolo 27.1 dello Statuto.
- Pareri CON/2011/9, CON/2011/53, CON/2015/57 e CON/2018/17.
- Pareri CON/2015/8, CON/2015/57, CON/2016/24, CON/2016/59 e CON/2018/17.
- Cfr. i pareri CON/2017/17 e CON/2018/17.
- Pareri CON/2009/85 e CON/2017/17.
- Pareri CON/2009/26 e CON/2013/15.
- Pareri CON/2009/59 e CON/2009/63.
- Pareri CON/2009/53, CON/2009/83 e CON/2019/21.
- Pareri CON/2009/26 e CON/2012/69.
- Parere CON/2019/19.
- Pareri CON/2008/9, CON/2008/10 e CON/2012/89.
- Parere CON/2019/19.
- Pareri CON/2010/42, CON/2010/51, CON/2010/56, CON/2010/69, CON/2010/80, CON/2011/104, CON/2011/106, CON/2012/6, CON/2012/86 e CON/2014/7.
- Parere CON/2014/38.
- Pareri CON/2015/8 e CON/2015/57.
- GU L 332 del 31.12.1993, pag. 1. Gli articoli 104 e 104 B, paragrafo 1, del Trattato che istituisce la Comunità europea sono ora gli articoli 123 e 125, paragrafo 1, del Trattato.
- Cfr. il Rapporto sulla convergenza del 2008, pagina 23, nota 13, che contiene una lista di pareri IME/BCE rilevanti al riguardo adottati tra maggio 1995 e marzo 2008.
- Pareri CON/2013/16, CON/2016/21 e CON/2017/4.
- Tale valutazione non è necessaria qualora il compito assegnato alla BCN sia soltanto complementare rispetto a una funzione della BCN già esistente non possa essere considerato effettivamente un nuovo compito.
- Cfr., ad esempio, il parere CON/2016/54.
- Pareri CON/2011/30, CON/2015/36 e CON/2015/46.
- Parere CON/2015/22.
- Cfr. anche la sezione “Sostegno finanziario ai fondi o meccanismi finanziari di risoluzione e ai sistemi di garanzia dei depositi e di indennizzo degli investitori” per alcune ipotesi specifiche.
- Pareri CON/2015/36, CON/2015/46, CON/2016/49, CON/2016/57 e CON/2018/57.
- Parere CON/2015/12.
- Parere CON/2016/45.
- Parere CON/2016/54.
- Parere CON/2017/19.
- Parere CON/2017/32.
- Parere CON/2018/43.
- Parere CON/2020/2.
- Pareri CON/2007/29, CON/2016/31, CON/2017/3 e CON/2017/12.
- Parere CON/2019/27.
- Parere CON/2015/45.
- Parere CON/2016/31.
- Pareri CON/2015/54, CON/2016/34 e CON/2017/3.
- Parere CON/2019/07.
- Parere CON/2019/02.
- Parere CON/2017/52.
- Pareri CON/2018/2 e CON/2018/5.
- Parere CON/2016/38.
- Parere CON/2017/2.
- Ciò è ulteriormente precisato alla sottosezione che segue su “Sostegno finanziario ai fondi o meccanismi finanziari di risoluzione e ai sistemi di garanzia dei depositi e di indennizzo degli investitori”.
- Parere CON/2016/42.
- Parere CON/2012/4.
- Pareri CON/2011/91 e CON/2011/99.
- Pareri CON/2009/59 e CON/2009/63.
- Parere CON/2013/56.
- Parere CON/2015/22.
- Parere CON/2019/20.
- Parere CON/2013/5.
- Pareri CON/2012/50, CON/2012/64 e CON/2012/71.
- Parere CON/2012/4, nota 42, che rinvia a ulteriori pareri rilevanti in materia. Cfr. anche i pareri CON/2016/55 e CON/2017/1.
- Pareri CON/2015/22, CON/2016/28 e CON/2019/16.
- Pareri CON/2011/103, CON/2012/99, CON/2015/3 e CON/2015/22.
- Pareri CON/2015/33, CON/2015/35 e CON/2016/60.
- Considerando 27 della Direttiva 2014/49/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi (GU L 173 del 12.6.2014, pag. 149).
- Considerando 23 della Direttiva 97/9/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 marzo 1997, relativa ai sistemi di indennizzo degli investitori (GU L 84 del 26.3.1997, pag. 22).
- Pareri CON/2015/40 e CON/2016/60.
- Pareri CON/2011/83 e CON/2015/52.
- Parere CON/2011/84.
- Articolo 4 del Regolamento (CE) n. 3603/93 e il Parere CON/2013/2.
- Articolo 5 del Regolamento (CE) n. 3603/93.
- Articolo 6 del Regolamento (CE) n. 3603/93.
- Parere CON/2013/3.
- Pareri CON/2009/23, CON/2009/67 e CON/2012/9.
- Cfr., tra gli altri, i pareri CON/2010/54, CON/2010/55 e CON/2013/62.
- Parere CON/2012/9.
- Cfr. in tal senso, Smaranda Bara e altri/Casa Naţională de Asigurări de Sănătate e altri, C-201/14, EU:C:2015:638, punto 22, e Peter Gauweiler e altri/Deutscher Bundestag, C-62/14, EU:C:2015:400, punto 100.
- Regolamento (CE) n. 3604/93 del Consiglio, del 13 dicembre 1993, che precisa le definizioni ai fini dell’applicazione del divieto di accesso privilegiato di cui all’articolo 104 A del Trattato [che istituisce la Comunità europea] (GU L del 31.12.1993, pag. 4). L’articolo 104 A del Trattato che istituisce la Comunità europea è attualmente l’articolo 124 del Trattato.
- Articolo 3, paragrafo 2, e considerando 10 del Regolamento (CE) n. 3604/93.
- Conclusioni dell’avvocato generale nella causa Société civile immobilière Parodi/ Banque H. Albert de Bary et Cie., C-222/95, EU:C:1997:345, punto 24.
- Regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 (GU L 176 del 27.6.2013, pag.1) e Direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sull’accesso all’attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento, che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE (GU L 176 del 27.6.2013, pag. 338).
- Articolo 4, paragrafo 1, comma 1, del Regolamento (UE) n. 575/2013;
- Articolo 8 della Direttiva 2013/36/UE.
- L’assunto è corroborato dall’articolo 3, paragrafo 2 e dal considerando 9 del Regolamento (CE) n. 3604/93.
- Indirizzo (UE) 2015/510 della Banca centrale europea, del 19 dicembre 2014, sull’attuazione del quadro di riferimento della politica monetaria dell’Eurosistema (Indirizzo sulle caratteristiche generali) (BCE/2014/60) (GU L 91 del 2.4.2015, pag. 3).
- Tanto più è elevato l’obbligo di riserva, quanto minore è la capacità delle banche di fare credito con conseguente minor creazione di moneta.
- Cfr: articolo 19 dello Statuto; Regolamento (CE) n. 2531/98 del Consiglio, del 23 novembre 1998, sull’applicazione dell’obbligo di riserve minime da parte della Banca centrale europea (GU L 318 del 27.11.1998, pag.1); Regolamento (CE) n. 1745/2003 della Banca centrale europea, del 12 settembre 2003, sull’applicazione di riserve obbligatorie minime (BCE/2003/9) (GU L 250 del 2.10.2003, pag. 10; e Regolamento (UE) n. 1071/2013 della Banca centrale europea, del 24 settembre 2013, relativo al bilancio del settore delle istituzioni finanziarie monetarie (BCE/2013/33) (GU L 297 del 7.11.2013, pag. 1).
- La “Dichiarazione della Repubblica di Lettonia, della Repubblica di Ungheria e della Repubblica di Malta sull’ortografia della denominazione della moneta unica nei trattati” allegata ai trattati, stabilisce che “senza pregiudizio dell’ortografia unificata della denominazione della moneta unica dell’Unione europea cui si fa riferimento nei trattati e che figura sulle banconote e sulle monete, la Lettonia, l’Ungheria e Malta dichiarano che l’ortografia della denominazione della moneta unica, ivi compreso nelle forme declinate, figurante nelle versioni linguistiche lettone, maltese e ungherese del testo dei trattati non ha alcun effetto sulle vigenti regole delle lingue lettone, maltese e ungherese”.
- GU L 139 del 11.5.1998, pag. 1.
- Parere CON/2012/87.
- Parere CON/2020/2.
- Pareri CON/2010/30 e CON/2010/48.
- Cfr., in particolare, gli articoli 127 e 128 del Trattato e gli articoli da 3 a 6 e 16 dello Statuto.
- Primo trattino dell’articolo 127, paragrafo 2, del Trattato.
- Pareri CON/2012/105, CON/2013/90 e CON/2013/91.
- A titolo esemplificativo le disposizioni legislative nazionali che traspongono la Direttiva 2011/85/UE del Consiglio, dell’8 novembre 2011, relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri (GU L 306 del 23.11.2011, pag.41). Cfr. i pareri CON/2013/90 e CON/2013/91.
- Pareri CON/2009/99, CON/2011/79 e CON/2017/1.
- Parere CON/2010/8.
- Parere CON/2008/34.
- Terzo trattino dell’articolo 127, paragrafo 2, del Trattato.
- È fatta eccezione per i saldi operativi in valuta estera che i governi degli Stati membri possono detenere ai sensi dell’articolo 127, paragrafo 3, del Trattato.
- Parere CON/2013/88.
- Pareri CON/2015/5 e CON/2015/24.
- Articolo 26 dello Statuto.
- Articolo 27 dello Statuto.
- Articolo 28 dello Statuto.
- Articolo 30 dello Statuto.
- Articolo 32 dello Statuto.
- La misurazione della qualità istituzionale resta complessa e controversa.
Da un lato, gli indicatori di percezione possono offrire alcuni vantaggi rispetto ad altri di carattere più “oggettivo”. Per cominciare, le indagini di percezione hanno una natura onnicomprensiva, mentre misure più specifiche possono fornire informazioni fortemente distorte. Inoltre, sebbene il loro valore assoluto possa essere discutibile, gli indicatori di percezione sono utili per effettuare comparazioni a livello transfrontaliero, purché non vi sia una chiara distorsione sistematica nei confronti di uno o più paesi in particolare. Un altro aspetto da considerare è che gli indicatori “oggettivi” basati unicamente sul contenuto delle normative, ma non sulla dettagliata conoscenza della loro effettiva applicazione, possono risultare fuorvianti. Infine, poiché nessun modello istituzionale può ritenersi preferibile a priori, le indagini di percezione potrebbero evitare che emergano distorsioni nella misurazione diretta delle varie dimensioni della governance economica.
D’altro canto, anche le indagini di percezione producono distorsioni. Possono, ad esempio, risentire pesantemente di un episodio recente o della carente formulazione delle domande.
Dati i punti di debolezza di entrambi e i vantaggi comparativi degli indicatori istituzionali di percezione (ad esempio, per quanto riguarda la corruzione) e di natura più oggettiva (ad esempio, sul fare impresa), i grafici 3.6 e 3.7 presentano entrambe le tipologie di indicatori.
Inoltre, per quanto riguarda i paesi dell’UE, è soltanto in anni recenti che la prospettiva istituzionale ha assunto rilevanza sul piano analitico e delle politiche. In termini generali, vi è quindi ancora un ampio margine di miglioramento per quanto concerne la misurazione. Infine, i metodi adottati a livello transfrontaliero in relazione a una problematica complessa come la qualità istituzionale o la buona governance sono necessariamente in certa misura inadeguati e presentano la chiara necessità di essere integrati con valutazioni più specifiche per i singoli paesi e valutazioni più a lungo termine. Al tempo stesso le difficoltà di misurazione non dovrebbero indurre a sottovalutare queste determinanti di fondamentale importanza della prosperità, dell’equità sociale e del benessere nel lungo periodo.